Wladimiro Paoli, comunista, morto a diciotto anni in azione. Da lui prese nome la più agguerrita e determinata formazione partigiana della pianura di Treviso. |
Il padre, Nicola Paoli (1899-1981), era nato in una famiglia contadina benestante di Pitigliano (GR), paese con una forte presenza anarchica che influì nella sua formazione politica. Nicola, tuttavia, nel 1915 s’iscrisse al partito socialista. Chiamato alle armi non ancora diciottenne (“ragazzo del ’99”) combatté l’ultimo anno della guerra nel decisivo fronte del Grappa. Congedato l'1 gennaio 1919, ritornò per un paio d’anni a Pitigliano a lavorare nei campi. Nel 1921 si trasferì a Treviso, dove trovò lavoro come fattorino alla SIAMIC autocorriere. Dopo la scissione di Livorno aderì al Partito comunista di cui, nel biennio 1924-25, divenne anche segretario della Federazione di Treviso. La sua intensa attività propagandistica durante il fascismo non poteva passare inosservata e il 17
giugno 1928 subì il primo di sei arresti, dei quali l’ultimo, il 13 maggio del 1936, viene così ricordato nel suo diario: «Era il 13.5.1936, alla mattina verso le sei, entrarono come tanti banditi, perquisirono tutta la casa ma senza resultato, poi mi fecero montare in auto assieme a mia moglie perché il quistore doveva interrogarmi, chiesi se mia moglie fosse lasciata accasa, che rispondevo di tutto io, avevo tre bambini, il più grande, Vladimiro, di 10 anni, mio padre di 80 anni senza nessuno e frà i quali uno dei figli, Silvano, era ammalato, ma erano tempi che la pietà non si conosceva, non vi era misricordia per nessuno, e così fummo portati in quistura senza sapere il perché ».
Nicola Paoli, antifascista, comunista,
partigiano (1899-1981), padre di Wladimiro. Foto segnaletica, Casellario Politico Centrale. (Marina Anastasio, I quaderni di N. Paoli) |
Dopo essere stato licenziato dalla SIAMIC nel 1928, Nicola aveva trovato lavoro come autotrasportatore nella ditta Zodo [Xodo] di Piove di Sacco, finché nel 1936 iniziò a fare il tassista, che sarà il suo mestiere fino alla pensione.
La madre di Wladimiro, Speranza De Benetti (conosciuta come Speranza Paoli), era nata in comune di Preganziol nel 1906 e morì a Treviso nel 1952.
La casa di Nicola Paoli, dove nacque e crebbe il figlio partigiano Wladimiro, in via Borgo Mestre 7 a San Lazzaro di Treviso. (Google Street View, aprile 2019) |
Nicola Paoli, candidato ed eletto alle prime elezioni amministrative libere di Treviso dopo il fascismo (31.3.1946) Il Lavoratore, Settimanale del PCI di Treviso, 23.3.1946 |
Nicola Paoli nel 1969 alla mostra sulla Resistenza tenutasi il 25 aprile 1969 a Ca' da Noal - Treviso. (Foto di Diego Agnoletto) |
La madre di Wladimiro, Speranza De Benetti (conosciuta come Speranza Paoli), era nata in comune di Preganziol nel 1906 e morì a Treviso nel 1952.
Della famiglia di origine di Speranza mancano informazioni, tranne questo breve ricordo del marito: «era figlia di povera gente, che onestamente vivevano alla giornata, poco colta perché in quell'epoca la scuola era un lusso: tanta gente, quando i figli avevano raggiunto i 10 anni, li mettevano a servizio perché non avevano con che sostentarli, e cosi pure la mia compagna fra quei tanti ».
Sulle cause della morte di Speranza riportiamo il parere della partigiana Bruna Fregonese: «A zé morta de
crapacuor, a
zé stada sempre pezo da quando ghe zé venuo a mancare Vladimiro ... I so funerai zé stai imponenti, addirittura zésta chiesto de metterla nel mausoleo, e anca dopo el restauro del mausoleo a ze rimasta là, in pace co so fioeo, anca se el so nome no compare in nessun posto perché no a jera na partigiana morta in guerra ... e nel mausoleo dovea star solo i partigiani morti in guerra ... ma ea se meritava de star là » [2].
zé stada sempre pezo da quando ghe zé venuo a mancare Vladimiro ... I so funerai zé stai imponenti, addirittura zésta chiesto de metterla nel mausoleo, e anca dopo el restauro del mausoleo a ze rimasta là, in pace co so fioeo, anca se el so nome no compare in nessun posto perché no a jera na partigiana morta in guerra ... e nel mausoleo dovea star solo i partigiani morti in guerra ... ma ea se meritava de star là » [2].
Nicola e Speranza Paoli ebbero quattro figli: Vladimiro, Silvano, Giuseppe e Ezio [3].
Dopo il rovinoso bombardamento di Treviso del 7 aprile 1944, trovandosi l’abitazione dei Paoli, oltre che vicina alla città, vicinissima alla ferrovia Venezia-Treviso-Udine, la famiglia si trasferì a Santa Cristina di Quinto, dove - in breve tempo, con alcuni giovani della zona - Wladimiro diede vita a un GAP.
La prima azione del piccolo gruppo partigiano al comando di Wladimiro avvenne il 16 maggio 1944 nella vicina Rio San Martino e consistette nel disarmo di un fascista «caturando 2 moschetti munizioni e bombe a mano», come si può leggere nella domanda d’iscrizione all’Anpi di Ottorino Tosatto di S. Alberto, qui pubblicata.
Alla stringata citazione “ufficiale” di questo episodio si affianca la ricostruzione del padre, tratta da un lungo e partecipato racconto biografico intitolato A mio figlio, scritto da Nicola quattro mesi dopo la morte del figlio perché “temo che sia un giorno dimenticato e io stesso voglio ricordare”.
Morte di Wladimiro PaoliAzioni partigiane di Wladimiro Paoli prima della sua morte. Dalla domanda di iscrizione all'Anpi del partigiano Ottorino Tosatto di Sant'Alberto di Zero Branco. (Aistresco, ID 549, n. inv. 047) |
Alla stringata citazione “ufficiale” di questo episodio si affianca la ricostruzione del padre, tratta da un lungo e partecipato racconto biografico intitolato A mio figlio, scritto da Nicola quattro mesi dopo la morte del figlio perché “temo che sia un giorno dimenticato e io stesso voglio ricordare”.
«[…] Per pura combinazione il 7 aprile non si rimase tutti sotto al bombardamento […]. Fu allora che presi la decisione e mi portai i quattro figli con la loro nonna qui in questo paese in mezzo alle paludi, ma si stava un po' più tranquilli. Io e mia moglie stavamo nella casa paterna e una o due volte alla settimana andavamo a trovarli […]. Il mio Vladimiro però cominciava a farsi amici, che da amici divennero compagni [...], li preparava per la lotta. Io ogni volta che andavo a trovarlo, lo correggevo e lo frenavo, ma lui appena mi vedeva come prima cosa mi chiedeva: "papà mi ai portato la stampa? Perchè sai ho formato un nuovo gruppo e sono ansiosi sapere il nostro programma, cosa vogliamo noi comunisti, e sai spiegare a bocca è un conto, ma con la stampa sono più convinti, perchè la stampa da' la conferma di una organizzazione vera e propria". E cosi appena avuta la stampa la distribuiva. Il partito gli dava qualche aiuto per degli operai bisognosi e lui era pronto, la sua opera era rapida, nel suo animo, vi erano solo che bontà e coraggio. Qui in paese di S. Cristina in poco tempo si era acquistato la simpatia di tutti.
E cosi in questa zona si era formata la nostra organizzazione. Prima della sua venuta, nulla esisteva. Poi il partito diede ordine di creare dei Gap locali, ossia gruppi di azione patriottica, e lui accettò l'invito e formò la prima squadra di cinque ragazzi pieni di buona volontà, ansiosi di agire. Ma tutti e cinque erano ancora profani dell'azione. Il mio Vladimiro mi disse che occorrevano armi, ma il partito, non poteva darle perchè scarseggiava di mezzi e di possibilità; e poi era già stata formata la brigata Garibaldi in quel di Revine di Vittorio, perciò le armi disponibili si doveva darle a loro, e a noi non restava che procurarcele. E così si cominciarono a fare i primi passi per potersi armare. Si misero tutti all'opera per sapere dove ci fossero fucili, chi avesse armi in modo da venire segnalato.
Ci fu un fascista che aveva diverse bombe a mano, un moschetto e una rivoltella e pensarono fra loro di fare il colpo grosso.
Si decise subito di agire, si fecero prestare un vecchio moschetto, e una rivoltella che credo fosse scarica perchè privi di pallottole, e la sera andarono; erano in cinque ragazzi. Armati solo che del coraggio e nella coscienza dell'idea comunista, andarono in questa casa dove si trovava un temibile squadrista, lui era già a letto con sua moglie e questi ragazzi immobilizzarono l'intera famiglia di contadini. Poi da uno della famiglia si fecero accompagnare in camera. Al momento decisivo Vladimiro era in testa, il suo compagno armato di moschetto dietro di lui e tre giù che facevano la guardia ai familiari. "Apri la porta Vladimiro!" disse quello che li accompagnava e lui aprì la porta. Vladimiro entrò in camera con la rivoltella spianata; "alte le mani!" gridò. Il fascista restò come inebetito, e gli disse: "Ma è forse uno scherzo?". Vladimiro gli rispose che non era tempo di scherzare, lo fece alzare dal letto e appena vicino (sempre con l'arma spianata), gli diede due sonori schiaffi che lo stesero a terra. La moglie gridò, ma Vladimiro gli intimò di consegnare tutte le armi che avevano in casa, pena la vita. Uno della squadra venne in suo aiuto e si cominciò a perquisirlo; poi lo si fece vestire e lo si portò nel cortile. Di fronte a tutta la famiglia lui si mise in ginocchio implorando pietà, Vladimiro lo beffeggiò, gli lesse la sentenza, e lo si condannò a morte. Ma in Vladimiro non c'era ancora la crudeltà non aveva ancora nell'animo la ferocia di uccidere. Erano le sue prime armi, si sentì commosso dalle implorazione di perdono, e disse rivolto ai compagni: "Perdoniamo?". Gli altri confermarono e cosi venne perdonato (certo non lo avrebbe meritato […]).
Ma Vladimiro in quel momento, non si sentiva di uccidere: il suo animo era era puro e buono, gli pareva impossibile che un uomo dovesse uccidere un altro uomo. Gli avevo sempre insegnato ad amare tutti e a essere tutti fratelli, ma il fascismo non insegnò questo, bensì a odiare e uccidere, perciò si deve oggi difendere la propria pelle uccidendo, per non essere uccisi.
E cosi in questa zona si era formata la nostra organizzazione. Prima della sua venuta, nulla esisteva. Poi il partito diede ordine di creare dei Gap locali, ossia gruppi di azione patriottica, e lui accettò l'invito e formò la prima squadra di cinque ragazzi pieni di buona volontà, ansiosi di agire. Ma tutti e cinque erano ancora profani dell'azione. Il mio Vladimiro mi disse che occorrevano armi, ma il partito, non poteva darle perchè scarseggiava di mezzi e di possibilità; e poi era già stata formata la brigata Garibaldi in quel di Revine di Vittorio, perciò le armi disponibili si doveva darle a loro, e a noi non restava che procurarcele. E così si cominciarono a fare i primi passi per potersi armare. Si misero tutti all'opera per sapere dove ci fossero fucili, chi avesse armi in modo da venire segnalato.
Ci fu un fascista che aveva diverse bombe a mano, un moschetto e una rivoltella e pensarono fra loro di fare il colpo grosso.
Si decise subito di agire, si fecero prestare un vecchio moschetto, e una rivoltella che credo fosse scarica perchè privi di pallottole, e la sera andarono; erano in cinque ragazzi. Armati solo che del coraggio e nella coscienza dell'idea comunista, andarono in questa casa dove si trovava un temibile squadrista, lui era già a letto con sua moglie e questi ragazzi immobilizzarono l'intera famiglia di contadini. Poi da uno della famiglia si fecero accompagnare in camera. Al momento decisivo Vladimiro era in testa, il suo compagno armato di moschetto dietro di lui e tre giù che facevano la guardia ai familiari. "Apri la porta Vladimiro!" disse quello che li accompagnava e lui aprì la porta. Vladimiro entrò in camera con la rivoltella spianata; "alte le mani!" gridò. Il fascista restò come inebetito, e gli disse: "Ma è forse uno scherzo?". Vladimiro gli rispose che non era tempo di scherzare, lo fece alzare dal letto e appena vicino (sempre con l'arma spianata), gli diede due sonori schiaffi che lo stesero a terra. La moglie gridò, ma Vladimiro gli intimò di consegnare tutte le armi che avevano in casa, pena la vita. Uno della squadra venne in suo aiuto e si cominciò a perquisirlo; poi lo si fece vestire e lo si portò nel cortile. Di fronte a tutta la famiglia lui si mise in ginocchio implorando pietà, Vladimiro lo beffeggiò, gli lesse la sentenza, e lo si condannò a morte. Ma in Vladimiro non c'era ancora la crudeltà non aveva ancora nell'animo la ferocia di uccidere. Erano le sue prime armi, si sentì commosso dalle implorazione di perdono, e disse rivolto ai compagni: "Perdoniamo?". Gli altri confermarono e cosi venne perdonato (certo non lo avrebbe meritato […]).
Ma Vladimiro in quel momento, non si sentiva di uccidere: il suo animo era era puro e buono, gli pareva impossibile che un uomo dovesse uccidere un altro uomo. Gli avevo sempre insegnato ad amare tutti e a essere tutti fratelli, ma il fascismo non insegnò questo, bensì a odiare e uccidere, perciò si deve oggi difendere la propria pelle uccidendo, per non essere uccisi.
Vladimiro era ancora giovane e benché li odiasse per le persecuzioni che fecero a me, gli pareva cosa grave uccidere.
Una seconda azione fu effettuata un mese più tardi, il 14 giugno 1944, a Sant'Alberto di Zero Branco dove fu disarmato un sottufficiale della GNR «caturando moschetto pistola, e bombe a mano».
Ma la più importante azione di guerriglia di questo primo periodo di attività del Gap di Santa Cristina comandato da Wladimiro fu l'assalto alla caserma della GNR di Ospedaletto d'Istrana [5 luglio 1944], con tanto di sparatoria e di uccisione di un sergente fascista, ma con un'amara conclusione di stampo fenogliano [5], ben descritta ancora una volta nel ricordo biografico del padre:
«C'era però un colpo da fare. Quella volta Vladimiro studiò i piani per assalire un accantonamento di militari dove, da informazioni avute, gli risultò che non c'erano di guardia più di 25 uomini. Bisognava cercare di avvicinarli sapere le loro abitudini, dove dormivano e quante armi avevano. Si portò sul posto, avvicinò qualche soldato, e in mezzo a loro trovò qualche compagno, cominciò a farsi avanti con qualche parola e trovò il terreno a suo favore. Presero accordi, e venne stabilito la sera (io non ricordo la data ma era di mercoledì). Organizzò una ventina di uomini, fra i quali ve ne erano di 40 anni, uomini che attratti un po' da ideali, e più ancora dall'ardire di questo ragazzo (ma non preparati per l'azione). In ogni caso la sera stabilita tutti vennero puntuali e si partì per l'impresa. Giunti al posto Vladimiro diede ordini a tutti e ognuno doveva stare al suo posto; di 20 però solo cinque erano armati, gli stessi che Vladimiro si portò con sé per l'assalto.
Bussarono alla porta, andò ad aprire un soldato che appena si presentò si vide le rivoltelle puntate e alzò le mani; tutti gli altri soldati fecero lo stesso, all'infuori di un focoso sergente fascista che cominciò a sparare. Per puro caso Vladimiro non restò ucciso da tre pallottole: una lo ferì ad un orecchio e due gli forarono la giacca all'altezza del cuore. Un suo compagno, T. [6] , con sveltezza puntò sul sergente e lo freddò.
Il colpo era fatto e tutti i 25 soldati erano chiusi in una camera da dove non potevano muoversi. Questa località era Ospedaletto di Istrana.
Non potevano telefonare per avere rinforzi. Ma una sorpresa li attese. Vladimiro andò fuori per chiamare gli uomini che aveva lasciato di guardia, ma non si vide più nessuno, perchè quando avevano udito sparare tutti erano fuggiti e Vladimiro si trovò solo con quattro ragazzi, con tutto il materiale che restava da portare via. (Deve essere stato per lui un momento di scoraggiamento, e gli saranno venute in mente le parole che io sempre gli dicevo, cioè che un uomo si porta all'azione
solo quando si è formata una coscienza e un'idea)
Nonostante tutto non si perse d'animo. Con i pochi rimasti presero quello che le loro forze gli permisero: 6 moschetti, una mitraglia Breda pesante e una cassetta di munizioni e bombe a mano. Il tragitto da fare era lungo 15 chilometri eppure camminarono in piena notte e all'alba giunsero a casa stanchi e sfiniti. Si pensò a nascondere il materiale, e poi si andò a dormire.
Ma Vladimiro non dormì, pianse in silenzio pensando che aveva scapolato la morte, e che tutti quegli uomini più vecchi di lui che sembrava volessero rivoltare il mondo, al primo colpo di fucile se l'erano data a gambe » [7].
Arriviamo così al 9 settembre 1944, morte di Wladimiro.
Per quel giorno era stata programmata un'azione complessa che vedeva ancora una volta gli uomini di Wladimiro collaborare con quelli (più dotati di armi e di mezzi) della brigata Ercole. L'azione doveva svolgersi all'imbrunire e prevedeva l'utilizzo delle locomotive dei due treni con orario di partenza da Treviso alle ore 19 e da Grisignano del Zocco alle 19,15. Il piano consisteva nel blocco e disarmo dei due treni costretti a fermarsi alle testate del ponte dell'Ostiglia sopra la ferrovia "Valsugana" nei pressi di Piombino Dese per consentire il trasbordo dei passeggeri a causa dell’impraticabilità del manufatto, precedentemente sabotato da altri partigiani e quindi pericolante, anche se non ancora completamente abbattuto.
Ma la più importante azione di guerriglia di questo primo periodo di attività del Gap di Santa Cristina comandato da Wladimiro fu l'assalto alla caserma della GNR di Ospedaletto d'Istrana [5 luglio 1944], con tanto di sparatoria e di uccisione di un sergente fascista, ma con un'amara conclusione di stampo fenogliano [5], ben descritta ancora una volta nel ricordo biografico del padre:
«C'era però un colpo da fare. Quella volta Vladimiro studiò i piani per assalire un accantonamento di militari dove, da informazioni avute, gli risultò che non c'erano di guardia più di 25 uomini. Bisognava cercare di avvicinarli sapere le loro abitudini, dove dormivano e quante armi avevano. Si portò sul posto, avvicinò qualche soldato, e in mezzo a loro trovò qualche compagno, cominciò a farsi avanti con qualche parola e trovò il terreno a suo favore. Presero accordi, e venne stabilito la sera (io non ricordo la data ma era di mercoledì). Organizzò una ventina di uomini, fra i quali ve ne erano di 40 anni, uomini che attratti un po' da ideali, e più ancora dall'ardire di questo ragazzo (ma non preparati per l'azione). In ogni caso la sera stabilita tutti vennero puntuali e si partì per l'impresa. Giunti al posto Vladimiro diede ordini a tutti e ognuno doveva stare al suo posto; di 20 però solo cinque erano armati, gli stessi che Vladimiro si portò con sé per l'assalto.
Bussarono alla porta, andò ad aprire un soldato che appena si presentò si vide le rivoltelle puntate e alzò le mani; tutti gli altri soldati fecero lo stesso, all'infuori di un focoso sergente fascista che cominciò a sparare. Per puro caso Vladimiro non restò ucciso da tre pallottole: una lo ferì ad un orecchio e due gli forarono la giacca all'altezza del cuore. Un suo compagno, T. [6] , con sveltezza puntò sul sergente e lo freddò.
Il colpo era fatto e tutti i 25 soldati erano chiusi in una camera da dove non potevano muoversi. Questa località era Ospedaletto di Istrana.
Non potevano telefonare per avere rinforzi. Ma una sorpresa li attese. Vladimiro andò fuori per chiamare gli uomini che aveva lasciato di guardia, ma non si vide più nessuno, perchè quando avevano udito sparare tutti erano fuggiti e Vladimiro si trovò solo con quattro ragazzi, con tutto il materiale che restava da portare via. (Deve essere stato per lui un momento di scoraggiamento, e gli saranno venute in mente le parole che io sempre gli dicevo, cioè che un uomo si porta all'azione
solo quando si è formata una coscienza e un'idea)
Nonostante tutto non si perse d'animo. Con i pochi rimasti presero quello che le loro forze gli permisero: 6 moschetti, una mitraglia Breda pesante e una cassetta di munizioni e bombe a mano. Il tragitto da fare era lungo 15 chilometri eppure camminarono in piena notte e all'alba giunsero a casa stanchi e sfiniti. Si pensò a nascondere il materiale, e poi si andò a dormire.
Ma Vladimiro non dormì, pianse in silenzio pensando che aveva scapolato la morte, e che tutti quegli uomini più vecchi di lui che sembrava volessero rivoltare il mondo, al primo colpo di fucile se l'erano data a gambe » [7].
Il 15 agosto il Gap di Wladimiro in unione con la formazione partigiana "Ercole" - che operava nell'Alta Padovana ai confini con la provincia di Treviso ed era comandata da Albino Tonon "Alberino" - partecipò al sabotaggio, riuscito, del ponte della ferrovia Ostiglia a S. Cristina.
Così descrive l'azione "Alberino":
« [...] Detto ponte in ferro sul fiume Sile lungo 37 metri fu personalmente minato dal sottoscritto e gravemente paralizzando per alcune settimane il traffico ferroviario molto intenso in quell'epoca su quella linea » [8].
« [...] Detto ponte in ferro sul fiume Sile lungo 37 metri fu personalmente minato dal sottoscritto e gravemente paralizzando per alcune settimane il traffico ferroviario molto intenso in quell'epoca su quella linea » [8].
Si trattava del secondo dei quattro sabotaggi al ponte di Santa Cristina eseguiti da partigiani di varie formazioni fra il 7 agosto e il 25 ottobre 1944. Dal Novembre del '44 iniziarono i bombardamenti alleati.
dei sabotaggi del ponte di S. Cristina
L'orario della ferrovia Ostiglia in vigore durante la guerra. Da tenere presente che la sera in cui fu ucciso Wladimiro Paoli era in vigore l'ora legale. (Nel 1944 l'ora legale durò dal 3 aprile al 2 ottobre). |
Subito dopo si sarebbero dovute staccare le locomotive dei due convogli e lanciarle a tutta velocità l'una contro l'altra in modo che si scontrassero sopra il ponte dell'Ostiglia facendolo crollare; così sarebbero precipitate nella sottostante linea ferroviaria Trento-Venezia (la "Valsugana"), interrompendone il traffico.
L'imprevisto mancato arrivo del treno da Camposampiero e il forte ritardo di quello proveniente da Treviso, portò i partigiani della brigata Ercole, già presenti in loco sulla testata sud del ponte [verso Camposampiero], a cambiare il piano originario e a passare sulla testata nord [verso Trebaseleghe].
Giunto il convoglio da Treviso e appurato che Wladimiro Paoli e i suoi uomini non erano a bordo, i partigiani della Ercole disarmarono i due militi fascisti di scorta al treno che erano scesi coi passeggeri e si apprestarono ad effettuare l'azione, sia pure con la sola locomotiva proveniente da Treviso.
Nel frattempo giunsero da Badoere gli uomini di Wladimiro Paoli che anziché servirsi del treno che tardava ad arrivare in quella stazione, avevano inforcato la bicicletta per arrivare all'appuntamento sull'Ostiglia.
Wladimiro salì per primo la scarpata del ponte ferroviario, ma venne scambiato per un tedesco e falciato da una raffica del mitra di uno dei partigiani di "Alberino", il brigadiere dei carabinieri Salvatore Altamira [9]. Malgrado il tragico equivoco, l'azione proseguì: la locomotiva venne staccata e lanciata in direzione Camposampiero, senza però riuscire a far crollare il ponte.
Vediamo al riguardo una prima sintetica relazione scritta da "Alberino" nel Diario Storico della brigata Ercole [10], che non riporta però la corretta modalità della morte di Wladimiro.
«Il 9 Settembre 1944 venne preparata una azione combinata per lo scontro di due treni sul cavalcavia della ferrovia Ostilia sulla linea della Valsugana in località Ronchi di Piombino Dese. Il cavalcavia era stato sabotato in precedenza per cui sul ponte si effettuava il trasbordo. Il personale di scorta al treno proveniente da Treviso venne disarmato, ma lo scontro non si potè effettuare in quanto all'ultimo momento era stato soppresso il treno da Padova.Venne staccata la locomotiva e lanciata contro il ponte interrotto il quale però resistette e lasciò che la locomotiva continuasse a corsa pazza verso Camposampiero dove venne deviata sulla linea di Padova ed andò ad arrestarsi a S. Giorgio delle Pertiche. Nello scontro con la scorta del treno di Treviso trovò la morte il nostro primo caduto: Wladimiro Paoli di Treviso da cui prese nome la Brigata omonima di Treviso ».
Questa invece la ricostruzione dell'azione partigiana da parte della questura di Padova:
«Verso le ore 22 del 9 andante, in Ronchi di Piombino Dese, ignoti staccarono dal treno viaggiatori della linea Treviso-Grisignano di Zocco la locomotiva avviandola verso la stazione ferroviaria di Camposampiero che ivi si fermava senza arrecare danni » [11].
Nei Quaderni di Nicola Paoli (pp. 153-163) vengono riportate altre testimonianze sulla morte di Wladimiro. Deposizioni - scrive la curatrice Marina Anastasio - rilasciate «a seguito di una sorta di inchiesta interna alla Resistenza, per far luce sull'episodio» [12]. Riportiamo integralmente quella di Albino Tonin.
Ricostruzione del comandante “Alberino” dell’azione in cui fu ucciso Wladimiro Paoli
«Il giorno 9 settembre 1944 la Missione Alleata Z.Z.Z. ordinava un'azione di sabotaggio sulla linea ferroviaria Treviso - Ostiglia e precisamente in località Ronchi di Piombino alla quale dovevano prendere parte 2 squadre e cioè: quella di Trebaseleghe e quella di Badoere-S. Cristina.
Il compito di concretare il piano per questa azione fu affidato a Tonin Albino (Alberino) il quale alla mattina dello stesso giorno prese accordi sul modo di procedere col defunto Miro [Wladimiro] caposquadra di Badoere-S. Cristina e col Brigadiere Altamira, caposquadra di Trebaseleghe.
L'azione secondo i piani prestabiliti doveva svolgersi nel modo seguente:
La squadra di Trebaseleghe doveva portarsi alle ore 20 [13] sul ponte soprastante alla ferrovia della Valsugana del tronco Castelfranco - Mestre, per occupare la testata sud del ponte allo scopo di assalire il treno proveniente da Camposampiero.
La squadra di Badoere invece, doveva salire a Badoere sul treno proveniente da Treviso per portarsi pure essa su detto ponte, che essendo già danneggiato da precedenti azioni di sabotaggio, obbligava i treni a fermarsi per operare il trasbordo. Compito delle squadre era di disarmare gli eventuali tedeschi e fascisti viaggianti, staccare le locomotive e lanciarle verso il ponte per farle precipitare, in modo da distruggerle ed ostruire la linea sottostante.
L'azione si svolse nel modo seguente: La squadra di Trebaseleghe appostata sulla testata Sud del ponte, operò il fermo di alcuni ferrovieri provenienti in bicicletta da Camposampiero che li misero al corrente della soppressione del treno proveniente da detta località. Per questo fatto imprevisto la squadra di Trebaseleghe di sua iniziativa passò dall'altra parte del ponte con l'intenzione di dare aiuto all'altra squadra che doveva giungere in treno da Badoere.
Il treno da Treviso giunse con un rilevante ritardo e da esso scesero tutti i viaggiatori tra i quali due Militi di scorta al treno che furono subito disarmati dai F.lli Basso di Trebaseleghe, ma della squadra di Badoere-S. Cristina non si vide nessuno.
Mentre la squadra di Trebaseleghe stava prendendo accordi per la fase finale dell'azione giunse in bicicletta la squadra di Badoere-S. Cristina che si appostò ai piedi della scarpata opposta. Mentre i suoi compagni provvedevano a caricare le armi, Miro [Wladimiro Paoli] ignaro che la squadra di Trebaseleghe aveva già operato il fermo di tutte le persone viaggianti sul treno, da solo scavalcò la ferrovia per portarsi sulla scarpata dove erano quelli di Trebaseleghe. Era sull'imbrunire ed egli vestito con calzoncini caki, casacca saariana, berretto nero [14] si presentò sulla sommità della ferrovia con le armi in pugno ed intimò a tutti di alzare le mani. Quelli di Trebaseleghe non riconobbero Miro, che fu scambiato per un tedesco e perciò una scarica di armi automatica colpì a morte l'ardimentoso ragazzo.
Dichiarazioni simili sono già state fatte dai rispettivi capi delle due squadre che presero parte all'azione e consegnate a codesto Comando.
In fede
IL CAPO DELLA MISSIONE
Alberino» [15] .
Wladimiro: atto di morte di un partigiano sconosciuto
Trascrizione
PS - Come si può notare, il nome ufficiale è Vladimiro, con la V, ma quasi sempre il giovane partigiano è ricordato come Wladimiro; abbreviato per amici e compagni: Miro.
La morte di Wladimiro Paoli nel racconto del padre *
«Siamo al 9 di Settembre 1944. Ricordo bene di sabato viene invitato da Alberino lui e la sua squadra a prendere parte ad unazione in quello di Piombino Dese si doveva interroppere il traffico ferroviario della linia Valsugana e Ostiglia con loro doveva collaborare pure una numerosa squadra di Trebaselleghe formata e armata da Alberino. Vladimiro viene invitato il sabato mattina arrecarsi all'appuntamento con Alberino per prendere accordi, non sappiamo quali accordi siano stati presi, perché lui e tornato e ai compagni, poco a spiegato a solo detto, stasera alle ore 8 dobbiamo trovarsi a Piombino per la tale azione, la sera partirono e si portarono allora stabilita sul posto, ma appena giunti sulla scarpata della ferrovia il treno era già arrivato i passeggeri ormai smontati, non restava che montare sulla locomotiva, daccordo col macchinista e molare i treno a tutto vapore, che andasse a fenire nella linia sottostanto che e quella della valsugana Vladimiro come al solito e in testa e il primo a gridare ai compagni ognuno al suo posto, ma la parola gli resta in gola, una raffica di mitra lo fulmina chiama i compagni per nome e si abbatte a terra un compagno cerca avvicinarsi ma unaltra raffica li raggiunge si buttano a terra e solo uno rimane ferito alla mano, sconcertamento nei compagni cambiano strada fiche si portano al treno, e poterono costatare che a sparare era stato uno della squadra di Trebaselleghe, gli domandano il perché avesse sparato, e disse che li aveva scambiati per tedeschi [16] si chiese il loro aiuto per portare via il compagno morto ma fù risposto negativamente e fù abbandonato in terra, con quanto Vladimiro prima di fare unazione diceva sempre feriti o morti non deve restare nessuno tutto devessero portati via. E invece non fù così per lui che fù abbandonato, per una scarpata della ferrovia ancora col suo fedele mitra che tanto teneva caro, noi si seppe alla mattina, che almeno lo avessi supato subito, accosto della mia vita e quella di sua madre saremmo partiti e con sicurezza lavrei portato via, lavrei fatto sparire ed invece, dovetti fuggire io mia moglie e i tre figli con timore che venisse identificato, e ci avrebbero fucilati pure a noi, parecchi giorni dovetti stare nascosto, ma Vladimiro non aveva indosso nessun documento, che potesse essere identificato, e cosi fu seppellito nel cimitero di Piombino come sconosciuto, abbiamo dovuto piangerlo in silenzio senza lutto, e con indifferenza come nulla ci fosse accaduto.
«Siamo al 9 di Settembre 1944. Ricordo bene di sabato viene invitato da Alberino lui e la sua squadra a prendere parte ad unazione in quello di Piombino Dese si doveva interroppere il traffico ferroviario della linia Valsugana e Ostiglia con loro doveva collaborare pure una numerosa squadra di Trebaselleghe formata e armata da Alberino. Vladimiro viene invitato il sabato mattina arrecarsi all'appuntamento con Alberino per prendere accordi, non sappiamo quali accordi siano stati presi, perché lui e tornato e ai compagni, poco a spiegato a solo detto, stasera alle ore 8 dobbiamo trovarsi a Piombino per la tale azione, la sera partirono e si portarono allora stabilita sul posto, ma appena giunti sulla scarpata della ferrovia il treno era già arrivato i passeggeri ormai smontati, non restava che montare sulla locomotiva, daccordo col macchinista e molare i treno a tutto vapore, che andasse a fenire nella linia sottostanto che e quella della valsugana Vladimiro come al solito e in testa e il primo a gridare ai compagni ognuno al suo posto, ma la parola gli resta in gola, una raffica di mitra lo fulmina chiama i compagni per nome e si abbatte a terra un compagno cerca avvicinarsi ma unaltra raffica li raggiunge si buttano a terra e solo uno rimane ferito alla mano, sconcertamento nei compagni cambiano strada fiche si portano al treno, e poterono costatare che a sparare era stato uno della squadra di Trebaselleghe, gli domandano il perché avesse sparato, e disse che li aveva scambiati per tedeschi [16] si chiese il loro aiuto per portare via il compagno morto ma fù risposto negativamente e fù abbandonato in terra, con quanto Vladimiro prima di fare unazione diceva sempre feriti o morti non deve restare nessuno tutto devessero portati via. E invece non fù così per lui che fù abbandonato, per una scarpata della ferrovia ancora col suo fedele mitra che tanto teneva caro, noi si seppe alla mattina, che almeno lo avessi supato subito, accosto della mia vita e quella di sua madre saremmo partiti e con sicurezza lavrei portato via, lavrei fatto sparire ed invece, dovetti fuggire io mia moglie e i tre figli con timore che venisse identificato, e ci avrebbero fucilati pure a noi, parecchi giorni dovetti stare nascosto, ma Vladimiro non aveva indosso nessun documento, che potesse essere identificato, e cosi fu seppellito nel cimitero di Piombino come sconosciuto, abbiamo dovuto piangerlo in silenzio senza lutto, e con indifferenza come nulla ci fosse accaduto.
E qui che devo ammirare sua madre che a saputo piangerlo in silenzio ricordo che dopo due giorni del fatto si era sparsa la notizia della morte di Vladimiro tutti i vicini mormoravano la cosa sarebbe andata alle orecchie dei sgherri fascisti, se non si fosse noi stessi intervenuti, ed infatti dico a mia moglie dobbiamo andare prima a S, Crestina dove mio figlio risiedeva, poi a Treviso per mentire con la nostra presenza e la nostra indifferenza infatti con il cuore spezzato dal dolore affrontiamo la triste situazione, e riesce a pieno la gente e sbigottita, ma dicono che anno ucciso suo figlio e loro sono indifferenti, ma non e vero altri dicevano, qualcuno ci domandava e noi si smentiva in pieno, e così fino al momento che scrivo, pochi lo sanno allinfuori dei compagni io non so se vedrò l[a] fine di questa guerra, ma se potrò arrivarci tanto io che la mia compagna dovremo vendicare il nostro Vladimiro io come dico, son come luccello sulla frasca, dormo umpò da una parte umpo dallaltra, ma i momenti sono critici, stiamo attraversando il peggiore momento della storia dell'umanità ma Vladimiro tu sei morto ma il nome tuo non more sarai nella mente di tutti quelli che ti conobbero e che con te lottarono giuro io e tua madre che sarai vendicato, e i tuoi versi che stavi componendo [17] te li metto assieme al mio scritto, per testificare la tua incrollabile fede e la tua volontà di combattere per il benessere di questa martoriata umanità, io e tua madre continueremo, la strada atte interrotta, perché il tuo nome rifulga e sia sempre ricordato se la tua morte fù errore come ci fù detto, si potrà perdonare ma se un solo filo di luce ci dasse indizio di tradimento riposa impace che faremo giustizia […] ». (Quaderni... , pp. 78-79)
Wladimiro: atto di morte di un partigiano sconosciuto
"Atto di morte di uno sconosciuto": partigiano Vladimiro Paoli Piombino Dese PD, 9 settembre 1944. |
Comune di Piombino Dese, Atti di morte 1945, n. 11 - (Volume degli allegati)
«L’anno millenovecentoquarantaquattro - XXIII° - Addì quattordici del mese di dicembre alle ore nove e minuti dieci nella Casa Comunale.
Io De Grandis Oddo, applicato, ufficiale dello Stato Civile del Comune di Piombino Dese, per delega del Podestà, avendo ricevuto dalla Procura di Stato di Padova sentenza del Tribunale in data undici novembre ultimo scorso con la quale mi autorizza a trascrivere per riassunto copia di Verbale di accertamento di morte di uno sconosciuto […tto ?] in data 12 settembre dal Pretore di Camposampiero, aderendo a tale richiesta do atto che da detto Verbale risulta che in data 9 settembre 1944 venne rinvenuto nella scarpata della ferrovia Ostiglia-Treviso in località Albere di questo Comune il cadavere di un individuo di sesso maschile non potuto identificare della apparente età di anni venticinque, capelli lunghi castani, sopracciglie folte e nere, occhi castani, zigomi sporgenti, barba e baffi rasati, era vestito con berretto da sciatore bleu, camicia celeste a righe nere, maglione di lana bleu scuro, calzoncini corti di tela color marrone chiaro, giubbino di tela color celestone, calze marrone, scarpe basse gialle.
Il suddetto è deceduto in seguito a ferite da proiettile di arma da fuoco.
Dopo di che ho munito del mio visto ed inserito nel volume degli allegati a questo registro la Sentenza ed il Verbale sopraindicati.
L’ufficiale dello Stato Civile: Oddo de Grandis».
Sulla colonna di sinistra
«Con sentenza del 12-7-945 pronunciata dal Tribunale Civile e Penale di Padova trascritta nei registri di morte del comune di Piombino Dese, anno 1945 parte II serie C N. 11 l’atto controscritto è stato così rettificato: la persona sconosciuta è Paoli Vladimiro di Nicola e di De Benetti Speranza di anni diciotto nato e residente a Treviso
Piombino Dese, li 24-7-945
L’Ufficiale dello Stato Civile […] ». PS - Come si può notare, il nome ufficiale è Vladimiro, con la V, ma quasi sempre il giovane partigiano è ricordato come Wladimiro; abbreviato per amici e compagni: Miro.
Visita dei genitori al cimitero di Piombino
Era il giorno dei santi 1 Novembre 1944 3 mesi dopo la sua morte, il partito da ordine che siano fatte dove e possibile manifestazione a tutti i patrioti che erano caduti per la lotta contro il fascismo, così io e [mia moglie cancellato] la mia compagna, preghiamo i compagni che lasciassero a noi il compito di far preparare la sua tomba e in fatti così fù fatto. Nel medesimo cimitero proprio vicino a mio figlio erano stati seppelliti altri due patriotti che erano caduti in una battaglia contro i fascisti in quello di Zimìglìana [Zeminiana] vicino a Noale dove furono uccisi 20 fascisti e quattro patriotti, così due furono seppelliti a Noale e due a Piombino Dese vicino a mio figlio, lo feci noto alla nostra federazione di Treviso retta dal compagno Pietro [Dal Pozzo] il quale la sera prima dei santi mi fece giungere tre belle ghirlande e un mazzo di grisantemi, faceva ormai sera e io e la mia compagna e due compagni di Vladimiro partimmo per Pombino. Perme non vi era ostacoli io e la mia compagna, non pensavamo a cosa saressimo andati incontro, divoraiamo la strada, si giunse ormai a notte fatta il cimitero era chiuso, si ando dal prete che molto fece per Vladimiro e gli altri lui ci consigliò di lasciare a lui le corone che avrebbe pensato, lui a fare tutto infatti fu vero, notte tempo lui e sua sorella e un donna di servizio prepararono le tre tombe,come nessunaltro le avrebbe preparate, infatti la mattina dei santi eraun giorno di pioggia, io e la mia compagna decidemo, che nel pomeriggio, sotto qualunque tempo saressimo andati, a trovare il nostro Wladimiro gli faccio raccomandazione di essere forte perché se si fosse tradita con qualche scoppio di pianto saressimo perduti, conoscevo il suo carattere la sua audacia il suo coraggio, partimmo, sotto una scrosciante pioggia, andiamo dal prete e domandiamo come è andata lui dice bene tutto e preparato, e da questa mattina che anno aperto il cimitero in quelle tre tombe non si può avvicinarsi da quanta gente che ce attorno, spece su quella di Wladimiro, e perché? di più sulla sua tomba? Il prete mi spiega, perché Wladimiro era conosciuto e tutto il paese era venuto a vederlo questo bel giovanotto, per vedere se qualcuno avesse potuto dare indizio chi fosse e come si chiamasse, ma nessuno a saputo fornire nessun indizio anche qualcuno che veramente lo conosceva ed è per quello che più gente e sulla sua tomba, il prete mi sconsiglia di andare a salutarlo, ma noi ci sentiremo troppo attratti e volevamo dargli il nostro saluto accosto della vita, entriamo nel cimitero e i nostri occhi ansiosi subito cercavano la sua tomba, ma non ci fu difficile individuarla vedemmo una folla attorno poi in distanza vidi il bel vaso in ferro battuto con delle rose rosse che giorni prima avevano mandato, mia moglie era pallida e giuro mi sentivo scosso pure io ma noi uomini sappiamo resistere di più, non andammo subito alla sua tomba, troppo avessimo dato sull'occhio in un piccolo cimitero di paese era facile essere individuati, girammo come due scemi da una tomba allaltra leggendo i nomi, ma locchio al nostro caro, e aspettavamo che unpo di gente si allontanasse, perché era difficile avvicinarsi, ma dopo un lungo peregrinare, fummo vicino a lui, il cuore mi spezzava, mi sentivo che le gambe venivano meno la mia compagna e triste aveva limpermeabile con cappuccio, e li ritti immobili immezzo a questa fiumana di gente, qualcuno ci guidava, ma più di uno, e ani si sente un uomo e unaltra donna che si parlano e dicono eppure quella signora guarda bene come somiglia a quel giovanotto che è qui sepolto, la mia compagna sente questa frase si volta scoppia in singhiozzo, e cammina verso luscita io che imploravo sotto voce coraggio guarda che siamo scoperti, resisti, e usciamo, ma molti avevano osservato quella scena, perché infatti Wladimiro somigliava tutto a sua madre [18]. Tornammo accasa, sotto la pioggia come era lunga la strada del ritorno, se avessi potuto portarmelo via, ma almeno averlo potuto piangere sfogarmi, ma nemmeno quello, che dolore non auguro alcuno nemmeno al peggiore nemico una così straziante tortura, non poterlo piangere essere sulla tomba, e far finta che nulla fosse, aveva una croce e sopra era scritto ignoto, e invece a il suo nome e un bel nome che era degno portarlo. Adesso a voi giovani che con lui avete rischiato la vita ricordatelo e vendicatelo, e seguite le sue idee e fate che il suo ideale comunista sia portato ovunque, che le parole che vi diceva siano ricordate, e a voi giovani patrioti, che avete voluto onorare e ricordare il suo nome con la sua brigata Wladimiro, siate fieri di questo nome che fu colui che diede vita a tutta la zona siatene fieri e difendete la sua bandiera, che non e ormai lontana la nostra piena vittoria
Viva il comunismo
Viva la libertà di tutti i popoli [19]
SULLA TOMBA DI VLADIMIRO [20]
«Sono andato a trovare il mio Vladimiro il giorno 26 Marzo 1945, era dalle feste di Natale che non andavo, perché ci avevano ormai individuato, e così non mi ero mai potuto avvicinare alla sua tomba. Però questa volta siamo andati lostesso io e sua madre e abbiamo trovato il cimitero vuoto. La gente non è più impaese causa le bombe che sempre cadono, vicino. E vicino vi è la ferrovia, così abbiamo potuto essere soli e inginocchio sulla sua tomba avemo finalmente potuto baciare la terra dove lui riposa, abbiamo allungo pianto, ci è sembrato almeno di essere con lui, e nella mia povera mente di operaio, e sorta lidea di dedicare a lui qualche poesia che io o sempre amato e come tutti noi toscani metterò appresso qualche cosa».
Piombino Dese 26 Marzo 1945
NdC - L'anno successivo la salma di Vladimiro verrà esumata il 22 luglio per essere sepolta - dopo un corteo per il centro cittadino e una cerimonia religiosa nella chiesa di San Lazzaro - nel cimitero maggiore di Treviso; dapprima in una tomba individuale e definitivamente (assieme ad altri trentanove partigiani) nel primo Mausoleo dei Partigiani, inaugurato domenica 17 novembre 1946.
[1] Vedi la sua scheda nell'elenco caduti della brigata Wladimiro Paoli. (Aistresco, ID 354, n. inv. 024, fondo Resistenza, fasc. "Divisione Garibaldi F. Sabatucci - Elenco caduti (feriti compresi)"
[2] Traduzione : «È morta di crepacuore, è stata sempre peggio da quando le è venuto a mancare Vladimiro ... I suoi funerali sono stati imponenti, è stato chiesto addirittura di metterla nel mausoleo [dei partigiani al cimitero maggiore di Treviso], e anche dopo il restauro del mausoleo è rimasta là, in pace con suo figlio, anche se il suo nome non compare in nessun posto perché non era una partigiana morta in guerra ... e nel mausoleo dovevano stare solo i partigiani morti in guerra ... ma lei se lo meritava di stare là». (Da Marina Anastasio, I quaderni di Nicola Paoli... p. 35).
[3] Le notizie biografiche sulla famiglia Paoli sono tratte da Marina Anastasio, I quaderni di Nicola Paoli... , passim.
[4] Il racconto "A mio figlio" si trova alle pagine 72-85 dei Quaderni ; la ricostruzione del primo episodio partigiano di Wladimiro alle pp. 72-75.
[5] «Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944». (Incipit di I ventitre giorni della città di Alba, di Beppe Fenoglio, edito da Einaudi nel 1952).
[6] Notare la prudenza del vecchio antifascista nell’usare la sola iniziale “T” del partigiano [con tutta probabilità Ottorino Tosatto] che aveva ucciso il sergente fascista. Siamo a fine dicembre/inizio gennaio del 1944, a guerra in corso, e Nicola scrive su un quaderno privato. Ma, nel caso di una tutt’altro che improbabile perquisizione, se il nome del partigiano fosse stato riportato per intero, la sua fine sarebbe stata segnata.
[7] I quaderni di Nicola Paoli, pp. 75-76.
[8] CASREC (Centro di Ateneo per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea - Università di Padova), fondo Ministero della Difesa - Ricompart, b. 1, fasc. 8, sf. Brigata "Ercole", Diario Storico, [prima] Relazione sui fatti d'arme [senza data, ma 1945], con firma autografa di Albino Tonin ''Alberino". La ricostruzione del sabotaggio del ponte di Santa Cristina è al foglio 5
In questa prima relazione, al foglio 2, "Alberino" ricostruisce l'origine della Brigata Ercole e della "Missione" con cui collaborava. «Nel Marzo 1944 essendo la zona di Cittadella pericolosa per i continui rastrellamenti ci venne affidato da parte di Brotto di Cittadella, il paracadutista UGO della missione [radio] Romolo. Dopo che questi raggiunse la zona a lui designata dal comando Alleato ci venne affidata la Missione n. 1 "SPECIAL FORCE IMPERATIVE" per il Comando Alleato e Missione ZZZ Uff.I per lo Stato Maggiore Generale Italiano (S.I.M.). A mezzo di una trasmittente il contatto della nostra brigata con il Comando Alleato ed Italiano era quotidiano. Dopo che la Missione rientrò alla base io sottoscritto fui nominato Capo Missione continuando l'opera di informatore seguendo le direttive impartitemi dal Capo Missione partente, mentre [Ernesto] Ziliotto [vice-capostazione di Camposampiero] funzionò quale marconista. [Di] modo che assunsi due incarichi: quello di Capo Missione e quello di Comandante la formazione Partigiana "Ercole"».
Al foglio 3 viene ribadito che: «Nessuna attività politica è stata svolta, sempre perché così ci fu comandato dalla Missione, affinché la nostra formazione conservasse quel carattere militare per il cui scopo era stata creata, mentre per la politica ci si era riservati di svolgerla a liberazione avvenuta, perché l'unico ideale dei nostri partigiani è stato sempre lo stesso: Cacciare i tedeschi e liberare la nazione dalla piaga fascista».
[9] Con tutta probabilità un carabiniere aggregatosi ai partigiani dopo l'assalto e il disarmo della caserma di Piombino Dese da parte della brigata Ercole, nell'aprile del 1944. (Cfr. relazione sopraccitata - nota 8 - al foglio 4) - [Aggiunta del 25.11.2024: il vicebrigadiere Salvatore Altamira, il 25 novembre 1940 risulta comandante interinale della stazione dei carabinieri di Roncade. Sartor, pp. 18-19).
[10] Si tratta di una seconda relazione di 9 fogli dattiloscritti, datata "Camposampiero, 8 maggio 1948", esistente nella busta sopra citata. Questa seconda relazione porta in calce le firme autografe di Tonin Albino "Alberino" (Comandante), Icaro, [ing. Gianni Bertolazzi] (Capo Missione), [Ernesto] Ziliotto (Commissario).
Le informazioni tra parentesi quadra (con i nomi e relative qualifiche) sono presenti anche nella testimonianza di Eugenio Pivato di Galliera Veneta, raccolta il 5 marzo 1997 da Egidio Ceccato per il suo libro Trebaseleghe 1938-1948, Resistenza e dintorni, [...], Comune di Trebaseleghe, 1999.
Ceccato dedica una lunga parte del cap. V - "La calda estate del 1944" (da p. 173 a p. 185) - proprio alla brigata Ercole mettendo anche in risalto l'ostilità che la sua presenza aveva provocato nei partigiani cattolici del cittadellese, il cui uomo di punta era Gavino Sabbadin.
Su questa ostilità è molto interessante quanto scrivono, con amarezza, i responsabili della missione e della brigata Ercole nella parte finale della loro relazione del 1948, consultabile al CASREC di Padova cui è stata inviata dal Ministero della Difesa solo nel 2012.
[11] Egidio Ceccato, Op. cit,, p. 199. La questura descrive la dinamica dell'azione in maniera relativamente corretta, facendola avvenire, però, alle ore 22 e dimenticando di segnalare la morte del partigiano Paoli.
[12] Nell'ordine, sono riportate le testimonianze di:
- Lino Alban, un fedelissimo di Wladimiro fino all'azione sull'Ostiglia, ma che in seguito - "passato nelle brigate nere, non so se per paura o per vigliaccheria, ma e da tenersi alla vigliaccheria" - fece catturare diversi suoi ex compagni. (Quaderni, pp. 81-82),
- del carabiniere Salvatore Altamira che sparò la raffica mortale,
- di Giuseppe Basso di Trebaseleghe, che sottoscrive ben tre dichiarazioni. Nella prima ricostruisce i fatti nel modo conosciuto (cioè l'errore di Altamira che scambia Wladimiro per un tedesco) affermando però che l'azione "si doveva compiere alle ore 19 circa". Nella seconda sottolinea che al momento dell'azione "non era buio" (a differenza di quanto dichiarato da Alberino che l'azione si svolse all'imbrunire]. Nella terza, sottoscritta con il paesano Aronne Zamengo, si scaglia contro la disonestà e il poco scrupolo di Alberino [viene da pensare su suggerimento del padre di Wladimiro che voleva screditare Alberino], accusandolo di agire per il proprio tornaconto e non per la causa della liberazione; i due si dicono pronti di fornire al riguardo dichiarazioni dettagliate"di fronte a chiunque e in ogni momento",
- del comandante della brigata Ercole Albino Tonin - Alberino, (che abbiamo riportato integralmente),
- di Antonio Pavanetto, capostazione di Badoere e collaboratore dei partigiani.
[13] In base all'orario ufficiale dei treni dell'Ostiglia, il dettaglio è corretto
Il 9 settembre, con l'ora legale in vigore, alle ore 20 il tramonto è già avvenuto e siamo in una condizione di semioscurità.
Orario del tramonto a Piombino Dese, con ora legale, il 9 settembre. (https://www.dossier.net/utilities/calendario-solare-alba-tramonto/piombino-dese.htm#banner02) |
[14] Il particolare del berretto e dei calzoncini è confermato nell’atto di morte del comune di Piombino, mentre quella che Alberino chiama saariana, per l’ufficiale di stato civile è un “giubbino di tela color celestone”.
[16] La morte di Wladimiro Paoli per "fuoco amico", accreditata dalla curatrice dei Quaderni (pagine 162 e 164) non fu mai del tutto accettata dal padre. In un'intervista raccolta da Ives Bizzi, Nicola Paoli afferma di aver «sempre avuto il dubbio che quello era un attentato preparato per ammazzare tutti quelli della squadra di Wladimiro».
(Quaderni... , p. 175).
L'opinione di Nicola Paoli su Alberino è esplicitata con maggior chiarezza a p. 77 dei Quaderni, nel ritratto biografico del figlio: «[Vladimiro] conobbe in quella zona un agente del servizio inglese, cosi chiamato Alberino. Strinsero relazione e decisero di collaborare assieme per l'azione in comune contro fascisti e tedeschi. Vladimiro si esprime chiaro e dice di essere comunista e tanto lui che i suoi compagni lavorano no per il denaro, ma per la loro fede. Certo non è cosi per Alberino, Italiano di origini ma al soldo degli inglesi e certo anticomunista… ».
[17] Nicola Paoli allega i versi scritti dal figlio "pochi giorni prima della sua morte assieme a un suo compagno". Sono una riproposizione e assemblaggio di due noti inni proletari: l'Internazionale e il Canto [o Inno] dei lavoratori, adattati al particolare momento che i giovani partigiani comunisti stavano vivendo. Questo il testo:«Il grido della libertà // Avanti avanti il gran partito / Noi siamo dei rivoluzionari / La lotta sosterremo fino al sangue / E alla morte combatteremo / Sempre forte fino al giorno /della libertà /
su fratelli su compagni / su venite nella nostra schiera / su venite sotto la nostra bandiera / che pugnando si morrà
Su compagni forti e uniti / Strangoleremo i banditi / Per la santa libertà / Roma vittoriosa è ritornata a noi / tra i suoi figli e i comunisti eroi / Dalle spiagge scenderanno / Le mitraglie falceranno / Tutti i boia e i traditori / che tradiron e bastonaron».
[18] a - Nota originale di Marina Anastasio
«È interessante leggere cosa scrive nella sua cronaca, relativa al medesimo giorno, l'allora cappellano di Piombino Dese, Vito Montin: "La notte precedente la solennità dei morti [le tombe] furono ben preparate e ornate pietosamente di fiori.
[...] Il fatto fu notato da tutti il giorno dopo allorché tutto il paese si riversò in cimitero per visitare i suoi morti; i paesani sostarono a pregare anche nella tomba dei tre patrioti. Il fatto fu notato anche dai tedeschi a dai fascisti sempre più stizziti e seccati.
[...] Il fatto fu notato da tutti il giorno dopo allorché tutto il paese si riversò in cimitero per visitare i suoi morti; i paesani sostarono a pregare anche nella tomba dei tre patrioti. Il fatto fu notato anche dai tedeschi a dai fascisti sempre più stizziti e seccati.
[...] Certe figure losche furono viste girare per il cimitero e per il paese e, nonostante il loro truccamento in borghese e il loro fare che affettava di naturalezza furono ben distinti dai paesani e quindi girati alla larga. Nulla fu saputo, nessuno fu accusato». (Archivio Biblioteca Seminario Vescovile di Treviso; fondo Chimenton, b. 2, faldone 3 - [Questo brano è riportato anche nelle “Cronistorie…” , a p. 158] ).
b - Il parroco mons. Antonio Dal Colle ricostruisce nel dettaglio, sia pure sinteticamente, la successione dei fatti accaduti a Piombino Dese nella tarda estate-inizio autunno 1944:
«4 ago[sto]
La muti se ne è andata da qui: sia lodato il Signore. Viene sostituita dalla guardia repubblicana.
[NdC - La presenza della Muti a Piombino Dese non è provata. Egidio Ceccato segnala la presenza a Piombino delle “brigate nere di Nello Allegro” (Trebaseleghe…, p. 185) ]
8 ago[sto]
Tre poveri giovani della guardia repubblicana locale, portatisi a Cappelletta di Noale per un sopraluogo di un furto, vengono proditoriamente uccisi da partigiani di quelle parti che li credettero appartenenti alla muti di stanza a Piombino.
10 ag[osto]
Le salme dei tre uccisi vengono ritrovate e portate a Piombino. Il cap[itano] Toderini della muti di Padova chiama in caserma l’arciprete e il Podestà di Piombino, il parroco di Trebaseleghe col Podestà i parroci di S. Dono e di Cappelletta. Dopo qualche ora permette che parroci e podestà passino dalla caserma alla canonica di Piombino dalla quale non devono muoversi.
11 ag[osto]
Arriva Allegro di Padova che viene in canonica e minaccia di mandare l’arciprete in Germania, perché col Podestà ha detto male della muti che prestò servizio a Piombino per due mesi. Il podestà di Piombino – Squizzato Virginio – viene condotto dall’Allegro nelle prigioni di Padova.
12 ag[osto]
Grandioso funerale delle tre vittime innocenti della guardia repubblicana. Compianto generale. Migliaia di persone intervenute, fra queste il Prefetto di Padova Menna che dà il saluto alle tre salme nel piazzale della chiesa.
9 sett[embre]
Ieri sera sul ponte dell’Ostiglia sopra la Valsugana viene fatto saltare una macchina ferroviaria da partigiani. Uno vi rimase morto, colpito da scarica di mitra; pare per uno sbaglio dei suoi commilitoni, poiché là non vi erano altro che partigiani. La vittima è di Treviso, si dice. [Morte di Wladimiro Paoli]
15 sett[embre]
Vengono portati a Piombino due cadaveri di due partigiani rimasti uccisi a Zeminiana nella lotta di ieri tra questi e i nazi-fascisti.
3 ott[obre]
Stanotte il ponte dell’Ostiglia sopra la Valsugana viene fatto saltare. [...] ».
(Cronistoria..., pp. 171-72 - Titolo originale della relazione di mons. Dal Colle: «Un po’ di cronaca di guerra 1940-1945 tolta dal libro: Cronaca della Parrocchia»).
(Cronistoria..., pp. 171-72 - Titolo originale della relazione di mons. Dal Colle: «Un po’ di cronaca di guerra 1940-1945 tolta dal libro: Cronaca della Parrocchia»).
[19] (Quaderni.... , pp. 82-85).
[20] Titolo originale riportato da Marina Anastasio nei Quaderni.... , p. 108. Segue la lunga poesia di Nicola “Sulla tomba”, (56 quartine), pp. 109-117.
La fantasiosa versione di Antonio Serena sulla morte di Wladimiro Paoli, rapinatore
Scrive il cornudese "storico della guerra civile" in un paio di sciatte e malevole righe:
«La brigata “Wladimiro” prende il nome dall’omonimo partigiano ucciso in circostanze strane da un compagno a Piombino Dese il 9 settembre 1944 durante l’assalto a fini di rapina [sic!] a un treno proveniente da Padova» *.
Su cosa si fonda l’affermazione di Serena?
Su un brano dell’intervista di Ives Bizzi al partigiano comunista Romeo Marangon "Andrea".
Marangon, che non era presente all'azione (né dimostra di conoscere il luogo), racconta che l'uccisione di Wladimiro Paoli si sarebbe verificata per «un malinteso nell'azione contro il treno merci, carico di roba prelevata nelle nostre campagne: cavalli, buoi e bestiame in genere, che doveva arrivare da Padova. Una squadra doveva fermarlo al di là del ponte, che era saltato in aria, quindi dovevano spingerlo in avanti per farlo precipitare» **.
Ammesso che il racconto di Marangon non sia (come è, in questo passaggio) campato in aria, appare quantomeno fantasioso ritenere che i partigiani dapprima carichino su di un regolare treno tutto quel ben di Dio e poi organizzino un’azione per distruggerlo, anziché recapitarne il prezioso contenuto ai propri uomini che vivono alla macchia.
Possibile che uno storico del calibro di Serena, che non è certo uno sprovveduto, non si sia accorto di come il racconto di Marangon non si riferisse a una rapina partigiana ma - semmai - a un atto di sabotaggio dei partigiani contro un treno carico di bestiame che i tedeschi avrebbero, essi sì, rapinato/requisito ai contadini italiani?
Certo che è possibile, quando non alla storia si pensa, ma all'uso politico (in questo caso antipartigiano) della storia.
Mah! Il "metodo Serena" non finisce di stupirci.
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* (A. Serena, I fantasmi del Cansiglio, Mursia - 3. ediz., 2014, nota 13, p. 245).
** (I. Bizzi, La Resistenza nel Trevigiano. 8. La Resistenza a Treviso, Giacobino, p. 85).
Altri documenti
Ulteriori informazioni tratte dal foglio matricolare
Paoli Wladimiro, classe di leva 1926, matricola 45713 quinter,
Distretto di Treviso (28)
Distretto di Treviso (28)
A penna
«Considerato come arruolato nell’Esercito per aver fatto parte dall’1.10.1943 al 9.9.1944 della formazione partigiana Brig. W. Paoli in Treviso con la qualifica gerarchica partigiana di
- Comandante Nucleo dall’11.1944 al 30.4.1944
- Capo S.M. l’1.5.1944 al 30.6.1944
Morto in località Albere di Piombino Dese (Padova) il 9 settembre 1944».
Timbro
«Equiparato a tutti gli effetti (escluso il compimento degli obblighi di leva) per il servizio partigiano anzidetto ai militari volontari che hanno operato in Unità regolari delle Forze Armate nella Lotta di Liberazione (D.L. 6.9.1946 n.93)».
Motivazione della medaglia di bronzoPaoli Wladimiro
di Nicola e di De Benetti Speranza
[...]
«Giovane combattente della lotta di liberazione fu fra i primi a passare all'azione subito dopo l'occupazione tedesca e molto si distinse per iniziativa, per ardimento e per capacità di organizzatore e animatore.
Mentre si apprestava ad effettuare un importante colpo di mano sulla linea ferroviaria Treviso - Ostiglia, venne sorpreso dal nemico e cadde combattendo da prode sino all'ultimo respiro».
Zona di Treviso, settembre 1943 - 9 settembre 1944
Decreto 29 marzo 1952 - G.U. 122/53
Le principali azioni partigiane al comando di Wladimiro Paoli
Trascrizione
14/8/44 «Disarmato un sott.Ufficiale della G.N.R. in località S. Alberto caturando un moschetto, una pistola, Bombe a mano». Partecipanti 4, comandante l'azione Vladimiro Paoli.
5/7/44 «Assalto alla caserma della G.N.R. in localita di Ospedaletto [d'Istrana], che si sono arresi dopo una sparatoria, caturando una mitraglia pesante diversi moschetti, munizioni e altro materiale Bellico». Partecipanti 18, al comando di Vladimiro Paoli.
15/8/44 «Atto di sabotaggio al ponte [sul Sile della ferrovia Ostiglia] in localita S. Crestina [Santa Cristina] rendendolo inservibile per 25 giorni». Partecipanti 15, al comando di Alberino [missione Ercole].
9/9/44 «Atto di sabotaggio al ponte ferroviario di Piombino Dese, sviando una locomotiva e rendendola inservibile». Partecipanti 11, al comando di Vladimiro Paoli.
PS - Degli 11 partigiani che, secondo Sartor, partirono con Wladimiro (familiarmente chiamato Miro) da Badoere la sera del 9 settembre 1944, sono stati individuati, nelle domande di iscrizioni all'Anpi e nei Quaderni, i seguenti partigiani:
PS - Degli 11 partigiani che, secondo Sartor, partirono con Wladimiro (familiarmente chiamato Miro) da Badoere la sera del 9 settembre 1944, sono stati individuati, nelle domande di iscrizioni all'Anpi e nei Quaderni, i seguenti partigiani:
Lino Alban di S. Alberto (che il 4 gennaio del 1945 verrà catturato dalle brigate nere e, sotto interrogatorio, farà importanti rivelazioni sulla struttura partigiana "provocando un vero disastro" - Maistrello, XX Brigata Nera..., p. 154) - Vincenzo Ceccon, di Badoere - Gino Dal Bianco, meccanico di S. Lazzaro - Picchetti [...] di Quinto - Renzo Scattolin di Badoere - Ottorino Tosatto, contadino di S. Alberto.
Inoltre due partigiani di Badoere, di cui non si conosce il nome, giunsero alla fatale scarpata dell'Ostiglia, senza però salirvi.
Trascrizione
A matita in alto: "Negrin"
«9.9.1944 = Una nostra pattuglia di venti uomini al comando di Wladimiro Paoli + una squadra della missione Ercoli [Ercole] verso le ore 20 bloccavano il treno passeggeri della linea Treviso-Ostiglia all'altezza di Piombino Dese riuscendo a disarmare i 6 militi repubblicani che viaggiavano di scorta al treno.
Fatti scendere i passeggeri veniva lanciata e fatta deragliare la locomotiva provocandone il capovolgimento con conseguente interruzione della linea per una 60a di ore.
Nell'azione il V.d.L. [Volontario della Libertà] Wladimiro Paoli cadeva nell'adempimento del suo dovere».
PS - La "bella copia" di questo documento è riportata a p. 455 dei Diari storici delle brigate partigiane … Archivio Istresco Pdf online.
PS - La "bella copia" di questo documento è riportata a p. 455 dei Diari storici delle brigate partigiane … Archivio Istresco Pdf online.
La scheda di Wladimiro Paoli - con la sintetica e definitiva ricostruzione della sua morte - nell'elenco dei caduti della brigata che da lui prese il nome. (Archivio Istresco, b. 24) |
Trascrizione
«[...] Wladimiro Paoli di Nicola, nato a Treviso il 12-2-1926 abitante a Treviso (S. Lazzaro). Caduto il 9 settembre 1944 nella zona di Piombino Dese.
Fatto d'arme: Comandante di una squadra durante un'azione di sabotaggio lungo la ferrovia Treviso-Ostiglia, all'altezza di Piombino Dese, veniva colpito da una raffica di mitra rimanendo ucciso sul posto. La pattuglia non ha potuto ricuperare la salma a causa della forte reazione nemica».
Trascrizione
Vladimiro Paoli, partigiano comunista - Luogo della sua uccisione il 9 settembre 1944: Piombino Dese PD, incrocio ferrovie Ostiglia e ''Valsugana'' Trento - Venezia. (Tavoletta IGM "Piombino Dese", edizione 1902 aggiornata 1923 - Scala originale 1:25.000. La ferrovia Ostiglia-Treviso, in questa mappa, è segnata come "in costruzione") |
Trascrizione
« 9 sett - Ieri sera sul ponte dell'ostiglia sopra la Valsugana viene fatto saltare una macchina ferroviaria da partigiani.
Uno vi rimase morto, colpito da scarica di mitra, pare per uno sbaglio dei suoi commilitoni, poiché là non vi erano altro che partigiani. La vittima è di Treviso, si dice».
Uno vi rimase morto, colpito da scarica di mitra, pare per uno sbaglio dei suoi commilitoni, poiché là non vi erano altro che partigiani. La vittima è di Treviso, si dice».
(Cronistorie di guerra ... 1939-1945 ... , p. 172. La relazione completa - molto interessante e dettagliata - della parrocchia di Piombino Dese va da p. 152 a p. 179).
La copertina dei "Quaderni" di Nicola Paoli, (Istresco, 2012) - curati da Marina Anastsio - da cui abbiamo tratto i lunghi brani dedicati al figlio Wladimiro. |
Annuncio dei funerali di Wladimiro Paoli
Trascrizione
«Partito Comunista Italiano / Federazione Prov. di Treviso
Una delle figure più fulgide della lotta partigiana rivive nel commosso saluto che tutta Treviso dà, nella camera ardente della caserma [Cesare] Colombo, a
Gazzettino (24 luglio 1945)
Solenne tributo di popolo / alla salma di Wladimiro Paoli
Un trafiletto del Gazzettino conservato a Milano nell'archivio del Corpo Volontari della Libertà
Trascrizione
Partigiano Wladimiro Paoli (Treviso): necrologio con annuncio dei suoi funerali. (Il Lavoratore, settimanale del PCI di Treviso, sabato 21 luglio 1945) Dal colophon si viene a sapere che: - Il direttore responsabile del Lavoratore è Pietro Dal Pozzo (uomo di punta del Partito Comunista e della Resistenza a Treviso). - Il settimanale è stampato dalla Industrie Poligrafiche Longo & Zoppelli (tipografia da cui proviene "per li rami" l'attuale libreria-editrice Canova). - La pubblicazione è autorizzata dal P.W.B., ovvero, come tutti i giornali, a tre mesi dalla fine della guerra, è sotto controllo degli alleati; infatti con un testo pressoché identico il necrologio-annuncio è pubblicato nello stesso giorno dal Gazzettino, sotto forma di un trafiletto dal titolo "Le esequie di un patriota". |
Trascrizione
«Partito Comunista Italiano / Federazione Prov. di Treviso
Una delle figure più fulgide della lotta partigiana rivive nel commosso saluto che tutta Treviso dà, nella camera ardente della caserma [Cesare] Colombo, a
WLADIMIRO
(WLADIMIRO PAOLI)
(WLADIMIRO PAOLI)
che con eroica dedizione ha dato le energie di una mente serena e di un cuore saldissimo alla lotta per la liberazione d'Italia, lasciando il suo nome, simbolo di eroismo ed auspicio di vittoria, alla gloriosa Brigata, che ha validamente contribuito a difendere e a liberare la nostra città.
I funerali avranno luogo domenica 22 [luglio 1945] p.v. - Il feretro partirà dall'ex caserma Colombo, in R. Margherita, per essere trasportata alla Chiesa di S. Lazzaro, dove sarà ufficiata la Messa funebre.
Il presente serve di partecipazione».
I funerali avranno luogo domenica 22 [luglio 1945] p.v. - Il feretro partirà dall'ex caserma Colombo, in R. Margherita, per essere trasportata alla Chiesa di S. Lazzaro, dove sarà ufficiata la Messa funebre.
Il presente serve di partecipazione».
Picchetto partigiano sulla tomba di Wladimiro Paoli a Piombino Dese prima dell'esumazione e del trasporto della salma al cimitero di San Lazzaro - Treviso. (Foto tratta da "I quaderni di Nicola Paoli") |
CRONACHE DEI FUNERALI DI WLADIMIRO PAOLI
Cronaca del funerale del partigiano di Treviso Wladimiro Paoli. (Il Gazzettino, 24 luglio 1945) |
Solenne tributo di popolo / alla salma di Wladimiro Paoli
«Il 9 settembre dello scorso anno, presso Santa Cristina di Quinto, dove più volte aveva svolto con tenacia e ardimento la sua opera di volontario della libertà, colpito dal piombo del barbaro tedesco, cadeva Wladimiro Paoli da Treviso giovinetto 18enne che alla causa della liberazione aveva offerto in olocausto la propria vita.
Dai compagni di fede e di lotta la salma, pietosamente raccolta dal cimitero di Santa Cristina veniva trasportata a Treviso e deposta nella camera ardente, allestita presso la Caserma Colombo dove ha sede la brigata valorosa che ha ereditato il nome e le virtù dell'eroico caduto.
Le onoranze alla salma si sono svolte domenica mattina [ 22 luglio 1945 ] con la partecipazione e con l'intervento di innumerevoli rappresentanze di brigate di patrioti, di volontari della libertà e della Federazione prov. del Partito Comunista con le bandiere di tutte le sezioni.
Fra le autorità vi erano anche i rappresentanti della Prefettura, del Municipio, del Comitato prov. di Liberazione, di Comitati di Aziende e comunali, il Comandante del Distretto militare, ecc.
Il feretro fu portato a spalla da sei compagni che avevano partecipato con Paoli ad aspri e cruenti combattimenti nella nostra zona.
Grandioso è stato l'omaggio floreale. Oltre alle corone dei genitori, fratelli e congiunti, si notavano quelle delle brigate "Wladimiro", "Sabatucci", "Bavaresco", "Perini, "Negrin", "Ercole", della Federazione trevigiana del Partito Comunista, della sezione di Santa Bona, del Comitato di L.N. di Monastier e dei patrioti e del Municipio di Monastier, degli autisti di piazza [il padre di Wladmiro era tassista], del battaglione "Mirando", del Comandante il Presidio Militare di Treviso, dei compagni di lavoro, di famiglie amiche del vicinato. Vi erano inoltre molti cuscini e mazzi di fiori.
L'imponente corteo, attraversando le vie e la piazza del centro, si è recato al cimitero comunale maggiore dove si è svolto un breve rito religioso. Prima della tumulazione, in nome della Federazione provinciale comunisti, ha parlato il dott. Carlo Vestidello rievocando con un commosso e nobile discorso la prode figura del caduto. Pronunciarono anche sentite parole di rimpianto e di affetto il parroco di San Lazzaro, una compagna per il sindaco di Treviso e il sig. Carlo Geromel.
Alcune corone di fiori sono state deposte sulle tombe di altri valorosi cauti per la libertà della Patria».
Il feretro fu portato a spalla da sei compagni che avevano partecipato con Paoli ad aspri e cruenti combattimenti nella nostra zona.
Grandioso è stato l'omaggio floreale. Oltre alle corone dei genitori, fratelli e congiunti, si notavano quelle delle brigate "Wladimiro", "Sabatucci", "Bavaresco", "Perini, "Negrin", "Ercole", della Federazione trevigiana del Partito Comunista, della sezione di Santa Bona, del Comitato di L.N. di Monastier e dei patrioti e del Municipio di Monastier, degli autisti di piazza [il padre di Wladmiro era tassista], del battaglione "Mirando", del Comandante il Presidio Militare di Treviso, dei compagni di lavoro, di famiglie amiche del vicinato. Vi erano inoltre molti cuscini e mazzi di fiori.
L'imponente corteo, attraversando le vie e la piazza del centro, si è recato al cimitero comunale maggiore dove si è svolto un breve rito religioso. Prima della tumulazione, in nome della Federazione provinciale comunisti, ha parlato il dott. Carlo Vestidello rievocando con un commosso e nobile discorso la prode figura del caduto. Pronunciarono anche sentite parole di rimpianto e di affetto il parroco di San Lazzaro, una compagna per il sindaco di Treviso e il sig. Carlo Geromel.
Alcune corone di fiori sono state deposte sulle tombe di altri valorosi cauti per la libertà della Patria».
Il Lavoratore, settimanale della Federazione Trevigiana del P.C.I. (28.7.1945)
Treviso / tributa l’estremo omaggio / a Wladimiro Paoli
«Wladimiro Paoli, animatore della riscossa antifascista ed antinazista e martire della lotta di liberazione, ha avuto domenica 22 gli onori trionfali degli eroi. Dalla ex caserma Colombo, dove la salma era stata precedentemente trasportata da S.ta Cristina di Quinto, rimanendo esposta al commosso ed ininterrotto pellegrinaggio del popolo di Treviso e dei compagni di lotta, è passata attraverso le vie principali della città tra fitte ali di popolo reverente, seguita da un imponente corteo di esponenti delle formazioni partigiane trevigiane, di autorità e di popolo.
Dopo le esequie nella chiesa di San Lazzaro, il feretro ha proseguito alla volta del Cimitero comunale per la tumulazione. Prima della sepoltura l’avv. Vestidello ha rivolto al glorioso Caduto l’estremo saluto a nome della Federazione Provinciale Comunista e il parroco di S. Lazzaro ha espresso il profondo ma fiero rimpianto per la perdita di questa luminosa figura di eroe. Parole di estremo cordoglio hanno anche pronunciato una compagna per il Sindaco di Treviso, assente, e Carlo Geromel.
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WLADIMIRO era un ragazzone di diciotto anni dal bel viso aperto che rispecchiava onestà e fermezza d’animo.
Nativo di Treviso, figlio di Nicola Paoli, crebbe educato alla scuola paterna in un clima di appassionata fede nella giustizia sociale e nella eguaglianza umana.
Per questo ideale d’amore suo padre conobbe la persecuzione, i processi, il carcere; e tante angoscie, tanti tormenti, valsero a temprare e rinsaldare nel giovinetto Wladimiro quei principii democratici progressisti per i quali lottò e morì.
La guerra “disperata e scellerata” reclutò anche la sua giovanissima classe, ma Wladimiro rifiutò di servire un governo - come diceva Lui - di “traditori e venduti”. Trasformò gli amici in compagni e li preparò alla lotta cospirativa e di liberazione, formando le squadre d’azione e i primi Gap con gli elementi migliori. Era un trascinatore: non conosceva incertezze, non paure. Organizzava, agiva, operava da solo o con i suoi gruppi composti da giovani e da anziani. E tra una azione e l’altra, si prendeva cura della propaganda, diffondeva la parola del partito per la formazione delle coscienze ad una idea.
“Papà, è sorto un nuovo gruppo... ”.
“Ci siamo procurati le armi!”
“Hai provveduto, papà, alla famiglia di quell’operaio bisognoso?”
Egli ha sempre il padre come confidente, consigliere, primo compagno fra i compagni.
Quanti episodi eroici compiuti con la naturalezza del suo cuore semplice e coraggioso!
Disarma un criminale fascista e generosamente gli fa dono della vita.
Con pochi uomini assalta e sguarnisce - nell’agosto del 1944 - un accantonamento militare composto di venticinque uomini.
Segnala colpi di mano contro i trasporti e linee ferroviarie. La morte lo sfiora più volte.
Nove settembre del 1944 a Piombino Dese.
Al gruppo di Wladimiro è stato affidato un compito difficile: interrompere il traffico ferroviario della linea Valsugana e Ostiglia.
Raggiunta la località, Wladimiro dispone i compagni, impartisce gli ordini e si pone al comando, incitando con la parola e con l’esempio.
Una raffica di mitraglia lo coglie di sorpresa e lo fulmina.
Il cimitero di Piombino Dese accoglie la salma del giovanissimo Patriota della libertà, col nome d’ignoto, mentre una eroica Brigata ne rivendica la memoria e le gesta, nel Suo nome glorioso».
Il cimitero di Piombino Dese accoglie la salma del giovanissimo Patriota della libertà, col nome d’ignoto, mentre una eroica Brigata ne rivendica la memoria e le gesta, nel Suo nome glorioso».
Rinascita, organo del Comitato di Liberazione Nazionale di Treviso (n. 10 - 28.7.1945)
Le solenni onoranze / alla salma / di Wladimiro Paoli
«Un commosso tributo di affetto da parte di tutti i Partiti, fra cui una moltitudine di iscritti al P.C.I., Autorità e cittadini, è stato reso domenica scorsa al giovane diciottenne Wladimiro Paoli di S. Lazzaro, uno dei più valorosi combattenti per la causa della Libertà, contro la ferocia nazifascista.
Wladimiro Paoli era caduto a S. Cristina di Quinto il 9 settembre 1944, dopo aver fatto saltare un ponte ferroviario di particolare importanza strategica per il nemico.
La salma era stata in precedenza trasportata da S. Cristina di Quinto, alla Caserma Colombo, sede attuale della Brigata Volontari della Libertà che si fregia del nome del giovane eroe.
Alla manifestazione di rimpianto sono intervenuti oltre i genitori, fratelli e congiunti del Caduto, le principali autorità cittadine e le rappresentanze, il comandante del Distretto Militare con alcuni ufficiali, i comandanti delle varie brigate di patrioti, folte rappresentanze delle sezioni del Partito Comunista con le rispettive bandiere. Veramente significativa è stata la partecipazione del popolo trevigiano.
Il corteo si è mosso alle ore [... ?]* sfilando per via Regina Margherita, via Indipendenza, piazza dei Signori, via XX Settembre e raggiungendo il piazzale della Stazione Ferroviaria. Il feretro era portato a spalle dai suoi compagni di lotta. Fra le numerose corone di fiori freschi, tutte recate a mano, si notavano quelle dei genitori, fratelli e familiari, delle brigate “Wladimiro”, “Sabatucci”, “Bavaresco”, “Perini”, “Negrin” e “Bottacin”, della Federazione trevigiana del Partito Comunista, della Sezione Comunista di Santa Bona, dei compagni della “Ercole”, del Comitato di L. N. di Monastier e dei patrioti di quel Comune, del Municipio di Monastier, degli autisti di piazza, del battaglione “Mirando”, del colonnello comandante il Presidio Mil. di Treviso, dei compagni di lavoro Carlo e Bruno, della famiglia Vittadello, del vicinato, delle famiglie Pisani e Sisti. Vi erano inoltre cuscini e mazzi di fiori.
Dal piazzale della Stazione il funebre corteo si è avviato lungo il Terraglio alla chiesa di S. Lazzaro per le esequie e quindi al Cimitero comunale maggiore per la sepoltura della salma.
Prima della tumulazione il dott. Carlo Vestidello in nome della Federazione provinciale Comunista ha pronunciato un nobile e commovente discorso rievocando la figura del Caduto, la cui memoria vivrà sempre nel cuore del nostro popolo che non dimenticherà mai chi ha sofferto, lottato e sacrificato la propria vita per il trionfo degli ideali supremi di civiltà, libertà e giustizia.
Hanno inoltre pronunciato parole di commosso rimpianto il parroco di San Lazzaro, una compagna per il Sindaco di Treviso e Carlo Geromel».
*L’ora di partenza del corteo è illeggibile nella copia digitalizzata del microfilm della collezione di “Rinascita” presente nella biblioteca comunale di Treviso. Biblioteca che conserva anche la copia originale su carta del periodico ... purtroppo non consultabile perché irreperibile. (Agosto 2017).
*L’ora di partenza del corteo è illeggibile nella copia digitalizzata del microfilm della collezione di “Rinascita” presente nella biblioteca comunale di Treviso. Biblioteca che conserva anche la copia originale su carta del periodico ... purtroppo non consultabile perché irreperibile. (Agosto 2017).
Un trafiletto del Gazzettino conservato a Milano nell'archivio del Corpo Volontari della Libertà
Wladimiro Paoli, partigiano ucciso il 9 settembre 1944, viene ricordato nel II anniversario
della sua morte da "Il Lavoratore", settimanale della Federazione Prov. di Treviso del PCI.
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Trascrizione
I NOSTRI CADUTI
Secondo anniversario del sacrificio eroico
di WLADIMIRO PAOLI
Secondo anniversario del sacrificio eroico
di WLADIMIRO PAOLI
«Il giorno 9 settembre 1946 ricorre il secondo anniversario della morte di Paoli Wladimiro, caduto nella lotta di liberazione a Piombino Dese.
La sua vita fu stroncata nel fiore della giovinezza ad appena 18 anni. Chi conobbe Wladimiro non potrà dimenticarlo, per il suo buon cuore e per la sua audacia. Fin da bambino conobbe la persecuzione dei suoi genitori da parte della sbirraglia fascista. Crebbe con l’odio verso coloro che hanno distrutto la nostra Italia e mai dimenticò i giorni tristi della sua giovinezza, quando il padre e la madre venivano strappati all'affetto suo e dei suoi fratellini.
Dopo l’8 settembre 1943 non perse tempo e volle lavorare per il Partito Comunista che abbracciò con grande fede. Formò i primi G.A.P. nella zona di S. Cristina, mettendoli subito in attività.
Furono così eseguite diverse azioni fra le quali quella del ponte di S. Cristina e della Caserma di Ospedaletto.
La sua vita fu stroncata nel fiore della giovinezza ad appena 18 anni. Chi conobbe Wladimiro non potrà dimenticarlo, per il suo buon cuore e per la sua audacia. Fin da bambino conobbe la persecuzione dei suoi genitori da parte della sbirraglia fascista. Crebbe con l’odio verso coloro che hanno distrutto la nostra Italia e mai dimenticò i giorni tristi della sua giovinezza, quando il padre e la madre venivano strappati all'affetto suo e dei suoi fratellini.
Dopo l’8 settembre 1943 non perse tempo e volle lavorare per il Partito Comunista che abbracciò con grande fede. Formò i primi G.A.P. nella zona di S. Cristina, mettendoli subito in attività.
Furono così eseguite diverse azioni fra le quali quella del ponte di S. Cristina e della Caserma di Ospedaletto.
Ma il destino lo attendeva. In una delle più difficili delle sue azioni egli cadde fulminato da una raffica di mitra, mentre conduceva i suoi uomini all'assalto di un treno per ostruire la linea Treviso-Ostiglia.
La sezione di S. Lazzaro del P.C.I per onorare la memoria di Paoli Wladimiro, insieme alla di lui famiglia, farà celebrare una funzione religiosa la mattina del giorno 9 settembre alle ore 6 nella parrocchiale di S. Lazzaro».
Inaugurazione della sede del PCI di San Lazzaro, intitolata a W. Paoli
La sezione di S. Lazzaro del P.C.I per onorare la memoria di Paoli Wladimiro, insieme alla di lui famiglia, farà celebrare una funzione religiosa la mattina del giorno 9 settembre alle ore 6 nella parrocchiale di S. Lazzaro».
Inaugurazione della sede del PCI di San Lazzaro, intitolata a W. Paoli
Wladimiro Paoli, partigiano ucciso in azione sulla ferrovia Ostiglia in territorio di Piombino Dese (PD) il 9 settembre 1944: il suo ricordo nel mausoleo dei partigiani di Treviso. |
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