sabato 12 novembre 2016

Leonildo Angeloni, 1926-1945

Angeloni Leonildo di Tullio, Treviso, classe 1926
Partigiano Combattente - Brg. W. Paoli - Div. Sabatucci
Caduto il 18 aprile 1945, in Riviera S. Margherita di Treviso
Sospettato di sabotaggio, veniva arrestato e barbaramente trucidato con altri due compagni, dalle bb.nn., sulla riva del Sile
Operaio FS [ferroviere] - 5. elementare              (Elio Fregonese, 1997)



Cattura e morte

«La sera del 18 aprile due brigatisti, uno chiamato 'Occhiali' e l'altro soprannominato 'Sfregiato', perché aveva il viso solcato da una cicatrice e una mano mutilata, fermarono tre giovani nei pressi del cavalcavia della stazione ferroviaria di Treviso e, verificati i documenti, li condussero al Pio X. Gli arrestati erano Leonildo Angeloni, classe 1926, di Treviso; Giles Camerin, classe 1925, di Treviso, Danilo Segato, classe 1924, di Vedelago. Angeloni apparteneva alla brigata 'Wladimiro Paoli', Camerin [Camarin] alla Brigata 'Negrin' e Segato era in collegamento con i partigiani, tuttavia, al momento dell'arresto, nessuno di loro aveva addosso alcunché di compromettente. Angeloni, accompagnato dalla fidanzata, tentò di consegnarle il portamonete, ma uno squadrista gli puntò addosso il mitra e allontanò la ragazza con un manrovescio.
Quando la madre di Camerin, Virginia Vian, e il padre di Angeloni, Leonida, si presentarono alla caserma per avere notizie dei figli, furono tranquillizzati da Paolo Brazzoduro e Bruno Cappellin i quali garantirono per l'indomani mattina la loro liberazione.
Durante la notte, però, in seguito alle sevizie e alle bastonature di 'Lince', i prigionieri ammisero di essere partigiani, provocando l'immediata reazione dei militi che li portarono a bordo di due camionette in Riviera Garibaldi, nei pressi dell'attuale sede dell'università, e li falciarono a colpi di mitra, gettandoli nel Sile».
(Maistrello, XX Brigata Nera… , p. 182)

Atto di Morte, Comune di Treviso


Leonildo Angeloni, partigiano ucciso dalle brigate nere di Treviso. (Partic. dell'Atto di Morte).
«Il giorno diciotto del mese di Aprile dell'anno millenovecentoquarantacinque XXIII EF [Era Fascista]
alle ore imprecisate e minuti ... in Riviera S.a Margherita ... è morto Angeloni Leonildo
dell'età di anni diciannove, operaio, di razza ariana, che era nato a Montebelluna
da Tullio,
operaio residente in Treviso e da Trevisan Santa, casalinga residente in Treviso, e che era celibe».

Testo della lapide in Riviera S. Margherita:
Non fango / come volevano gli oppressori /
che qui nel fiume / precipitarono i tre partigiani /
Danilo Segato, Giles Camerin, Leonildo Angeloni /
torturati ed uccisi / ma lagrime / della nostra terra le acque /
del Sile / che li avvolsero nel viaggio / verso la pace eterna /
Il valore dei martiri / l'infamia dei carnefici /
restano monito ai cittadini
A cura del Comune il 2 giugno 1972

Dalla cronistoria del parroco di San Lazzaro

«19 aprile 1945 - Questa mattina ci giunse notizia che Angeloni Leonildo, Segato Danilo, Camarin Gilles arrestati iersera e condotti al Pio X, perché sospetti di partigianismo furono barbaramente fucilati in Riva al Sile presso il ponte S. Margherita. Domenica 22 aprile le loro salme furono sepolte con una dimostrazione plebiscitaria».
(Cronistorie di guerra ... 1939-1945, p. 1221).

Il parroco (Don Giovanni Rossi) collega all'uccisione di questi tre partigiani la morte di Mario Zanatta "ex marò della X MAS" avvenuta il 28 aprile. (Cfr. Serena, I giorni di Caino, 1, p. 360).
Zanatta, infatti, «la sera del 18, quando furono arrestati i tre su nominati uccisi la mattina seguente poté fuggire e mettersi in salvo presso i militi della X Mas. Ma ecco che invitato dai partigiani a seguirli in automobile fu condotto a Biancade ove fu ucciso e gettato in un fosso coperto da un palmo di terra». (Cronistorie... , p. 1222).


Leonildo Angeloni, Giles Camarin, Danilo Segato.
Santino funebre della parrocchia a una settimana dalla morte.
Va tenuto presente che il 26 aprile 1945 "giorno settimo della morte"
Treviso era ancora in mano ai fascisti e scrivere
"di barbaro furor vittime foste / né pietà s'ebbe delle vostre salme"
fu un gesto di coraggio che va sottolineato.
(Cronistorie di guerra ..., a c. di Erika Lorenzon - San Lazzaro di Treviso - Dvd allegato)

Danilo Segato, Giles Camarin e Leonildo Angeloni
i tre partigiani uccisi all'alba del 19 aprile 1945

dalla brigate nere di Treviso
e gettati nel Sile al ponte S. Margherita, sono ricordati dal

Gazzettino a un anno dalla loro morte.


Chi uccise Angeloni, Camerin e Segato? 

Finita la guerra, in due processi della Corte d'Assise Straordinaria emersero i nomi dei possibili uccisori, ma in entrambi i casi le accuse non furono provate e i responsabili della morte dei tre partigiani di San Lazzaro restarono ignoti.

- Nel primo processo, la sorella di Leonildo Angeloni, Enrichetta, afferma di aver saputo dal paesano Narciso Frasson appartenente alle Brigate Nere «che suo fratello era stato ucciso da Cappellin Bruno», vicecomandante della XX Brigata Nera “Cavallin”, ma la sua accusa non avrà seguito.
(Sentenza della Corte d’Assise Straordinaria di Treviso, n. 7/45 del 16.06.1945, Istresco - Pdf online, p. 22)

- Nel secondo processo, svoltosi a Udine nel dicembre del 1946, sono specificatamente imputati per l’omicidio di Angeloni, Camerin e Segato gli ufficiali delle brigate nere Paolo Brazzoduro (capo dell’Ufficio “I” della Federazione Fascista Repubblicana di Treviso) e Giorgio Maggiordomo, ma anche in questo caso le accuse cadranno perché ritenute nient’altro che «voci incontrollate raccolte nell’ambiente delle Brigate Nere» o comunque prove di colpevolezza non convincenti.
In questo secondo processo, tuttavia, per Brazzoduro il pubblico ministero chiederà la pena capitale con fucilazione alla schiena per essere responsabile della morte di quattro partigiani avvenuta a Roncade (Lorenzo De Maria, Francesco Canella, Enrico Martini e Ugo Rusalen).
Ma la Corte non accoglierà tale richiesta e, nella sentenza, la condanna a morte diventerà ergastolo, che in virtù alla sopraggiunta “amnistia Togliatti” sarà ridotto a trent’anni .
Stessa condanna (ergastolo ridotto a trent'anni) anche per Maggiordomo, riconosciuto colpevole "solo" di aver causato la morte dei partigiani Baldrocco, Favarin e Antonio (Nino) Zorzi.

A proposito di queste riduzioni di pena, premessa ad una rapida e definitiva assoluzione, è significativo quanto afferma uno dei difensori, il “principe del foro” veneziano avv. Italo Virotta durante la sua arringa («chiara, logica, interessante», come la definisce il cronista del Gazzettino di Udine).
Virotta, che patrocinava la causa di Brazzoduro, ricorda infatti il motivo per cui il processo non si era svolto a Treviso ma era stato spostato per legittima suspicione a Udine: «Nessuno voleva far parte della giuria popolare, prima di comporla, ci sono volute ben cinque estrazioni. Uno dei giudici - di sinistra - aveva dichiarato subito (ed è agli atti) che non voleva farne parte perché prove non c’erano, ed il popolo di Treviso non avrebbe accettato che una grave sentenza nei riguardi di Brazzoduro».
("La sentenza nel processo ai gerarchi trevigiani (...) ", Il Gazzettino, 18 dicembre 1946)

Se le affermazioni dell'avv. Virotta ben descrivono il clima che gravava (perlomeno nella fase iniziale) su questi processi dei vincitori ai vinti, il comportamento delle Corti di Assise Straordinarie - in questo come in altri casi - fuga il sospetto che agissero senza tener conto delle ragioni della difesa. Specie della difesa dei vertici, c’è da aggiungere. Perché quella dei brigatisti "di truppa", affidata di solito ad avvocati d'ufficio, non riesce ad evitare le condanne a morte - richieste a gran voce, comminate ed eseguite - come nel caso degli odiati "Lince" e "Nina".



Giorgio Brevinelli ''Lince'' ed Egidio Simonetti ''Nina'', ex partigiani passati alla brigate nere: parte finale 
della cronaca della loro fucilazione al poligono di tiro di Maserada ("parabae"). (Gazzettino 14.2.1946)
I due brigatisti neri erano difesi dagli avvocati d'ufficio Rizzo e Boscolo.



I fascisti Paolo Brazzoduro e Ruggero Beccucci della XX Brigata Nera di Treviso
fanno il saluto romano dopo la "condanna" che li salva dalla pena di  morte
richiesta dal PM di Udine Vittorio Achard. (Gazzettino, 18.12.1946)
La scarcerazione di Brazzoduro per amnistia avverrà il 23.6.1948. Per Maggiordomo, latitante,
 verrà dichiarato il "non luogo a procedere" il 4 marzo 1950.



 

Nello stesso luogo della morte di Angeloni, Camarin e Segato, la notte fra il 29 e il 30 aprile 1945 verranno uccisi dai partigiani che avevano occupato la città una dozzina di fascisti prelevati dalle carceri cittadine.
Ne scrive per primo il segretario del vescovo Mantiero mons. Cesare Girotto nella sua Cronaca degli anni 1944-45:
«30 aprile
Questa mattina sono entrati in Città gli Anglo-Americani arrivati ieri sera.
Questa notte è successo un fatto di Sangue: sono stati [sic!] uccise circa 12 persone in riviera: erano stati prelevati dal carcere tra i carcerati il giorno antecedente. Sua EEcc[ellenza] ha fatto presente la cosa al Comitato il quale ha risposto condividendo le idee e rinnovando Sanzioni Severe».
(Cronistorie di guerra ... 1939-1945... , p. 99)

Largo spazio a questo "regolamento di conti" in Antonio Serena, I giorni di Caino, 1, pp. 351-356.

Per maggiori notizie sul 29 aprile 1945, liberazione di Treviso, clicca qui



       <Precedente                    > Successivo                  Torna alla pagina iniziale              
       

Bruno Baldrocco, 1921-1945

Baldrocco Bruno di Girolamo, Treviso, 1921
Caporale - 4° Rgt. Artiglieria
Partigiano Combattente - Brg. Zancanaro
Caduto il 20 aprile 1945, a Pezzan d'Istrana
Fucilato dalle bb.nn. dopo essere stato catturato e sottoposto a torture alle quali resisteva senza tradire
Impiegato - 3° avv. professionale        (Elio Fregonese, 1997)



Ulteriori informazioni tratte dal foglio matricolare
Baldrocco Bruno, classe di leva 1921, matricola 22843, Distretto di Treviso.
Alla visita di leva (3 giugno 1940): residente a Treviso, vicolo Tezzone, n. 3.
Figlio di Girolamo e [Bolzanella] Onorina; nato il 23 luglio 1921 a Treviso.
Statura: m. 1,72 - torace m. 0,90.
Arte o professione: impiegato - Titolo di studio: 3° Commerciale Inferiore.
4 gennaio 1941 Chiamato alle armi e giunto il 5 gennaio al 4° Rgt. artiglieria [illeggibile].
6 aprile 1941 Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra (circ. 302 GM 1941).
20 maggio 1942 Ricoverato all’ospedale militare da Campo n. 134 e dimesso il 25 maggio 1942.
1 maggio 1942 Artigliere scelto.
1 giugno 1942 Caporale.
4 luglio 1942 Trattenuto alle armi a senso della disp. N. 340 dispensa 28 F.O 1942 [...]
2 agosto 1942 Liquidato premio in denaro in luogo di giorni 15 di licenza non fruita nel periodo dal 11. 6.41 al 11. 6. 42 premio ammontante a lire 258.
2 aprile 1944 «Iscritto nel ruolo 71 B della forza in congedo di Art. Div. Fanteria del Distretto Militare di Treviso».
A matita  - colonna sinistra: "Gruppi someggiati".

Nessun cenno alla sua attività partigiana. Solo - a fine testo scritto - una croce con matita rossa a indicarne la morte.


Cattura e morte di Bruno Baldrocco e Angelo Favarin 
(Maistrello, XX Brigata Nera... , pp. 182-183)

«Il 19 aprile le Brigate Nere arrestarono Rino Contò, classe 1916, patriota di Paese, e, dopo averlo sottoposto agli usuali interrogatori, il mattino seguente lo fecero salire su un camion assieme a 'Lince', al tenente Giorgio Maggiordomo e al maresciallo Zaghet, ingiungendogli di indicare le case dei 'ribelli' di Pezzan d'Istrana. Contò, fingendo incertezza, costrinse l'automezzo a passare e ripassare davanti alle abitazioni del paese, in modo che i suoi amici potessero notare l'andirivieni sospetto e mettersi in salvo.
Nel corso dell'operazione i militi catturarono Bruno Baldrocco, classe 1921, di Treviso, appartenente alla Brigata 'Zancanaro', estorcendogli l'informazione relativa alla presenza di armi presso la casa di Angelo Favarin, classe 1924, di Istrana, aggregato alla Brigata partigiana 'Treviso'. Poiché la perquisizione non diede alcun esito, i fascisti costrinsero la signora Favarin a far venire il figlio - occupato nel lavoro dei campi - che, consegnate le armi di cui era in possesso, dovette seguirli.
Dopo un breve tragitto a bordo dell'automezzo, Baldrocco e Favarin furono obbligati a scendere e, spinti da 'Lince' e Maggiordomo, dovettero inoltrarsi in aperta campagna. A Contò, che stava per andare con i compagni, il maresciallo Zaghet disse: "Tu resta, perché per te questa fine è troppo bella!".
Fatti pochi passi, Baldrocco e Favarin furono uccisi a colpi di mitra.
Il camion, carico di Brigate Nere che a squarciagola cantavano 'La bella Violetta', ripartì senza indugio.
Contò fu portato alla 'caserma' di Monigo e sottoposto a molti maltrattamenti e torture prima d'essere trasferito al Pio X, in attesa di essere impiccato. Fu salvato dall'ingresso dei partigiani a Treviso».

* * *

Baldrocco Bruno - Favarin Angelo -  
I partigiani Bruno Baldrocco e Angelo Favarin,
- battaglione "Zancanaro" della brigata Gustavo Badini (a direzione democristiana) -
furono uccisi il 20 aprile 1945 dalle brigate nere nei campi fra Pezzan e Istrana
in un luogo ora occupato dall'aeroporto militare di Istrana.

«Bruno Baldrocco, sfollato da Treviso con la famiglia a Sala d'Istrana, operava lungo la linea ferroviaria e la statale Postumia con azioni di disturbo e sabotaggio. [...] 
20 aprile 1945 [...] i partigiani Bruno Baldrocco e Angelo Favarin, strappati alle loro abitazioni dalle brigate nere assieme ad altri giovani poi rilasciati (Narciso, Silvano e Ampelio Pizzolato e Angelo Dorigon) con la complicità di una "soffiata", furono ferocemente uccisi all'altezza dello "svolto" di Pezzan, località ora cancellata dall'aeroporto».
(Riccardo Masini, "Istrana, paese mio...", pp. 248-249).

Per il diario storico della brigata Badini, cui apparteneva il btg. Zancanaro, la cattura di Baldrocco e Favarin non fu dovuta a una soffiata ma fu la conseguenza della precedente cattura del «Patriota Pietro Galante di Treviso [cui] furono rinvenuti indosso documenti relativi all'organizzazione di quel Battaglione provocando arresti di tutti i suoi maggiori esponenti e fra i quali, oltre al Commissario di Brigata Rino Contò vennero pure arrestati i patrioti Baldrocco e Favarin che furono subito fucilati dalle Brigate Nere».
(CASREC - Centro di Ateneo per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea, fondo IVSR, file 8_9_1.003)

La sentenza contro gli uccisori di Baldrocco e Favarin


Il 17 dicembre 1946, con sentenza n. 125, la Corte d’Assise di Udine, Sezione Speciale, individuerà nel solo tenente della GNR di Treviso Giorgio Maggiordomo, latitante, il responsabile dell’uccisione di Baldrocco e Favarin, condannandolo all’ergastolo. Tale pena verrà subito ridotta a 30 anni, poi a 10 anni finché il 17.9.1966 in virtù del D.P. 4/6/1963 n. 332, il tribunale di Udine dichiarerà estinti i reati e cessata l’esecuzione della relativa pena.
Di fatto, Giorgio Maggiordomo, che nel testo della sentenza viene «descritto come uno dei più ignoranti e bestiali esecutori di ordini e feroce seviziatore», non farà  neppure un giorno di prigione.
(Sentenza n. 125 del 17.12.1946, Istresco - Sentenze online, pp. 513-521)




* * *

Atto di morte di Bruno Baldrocco


Bruno Baldrocco, razza ariana, anni 23, partigiano ucciso dalle brigate nere di Treviso. - 
 Atto di morte del partigiano Bruno Baldrocco, ucciso a Istrana  il 20 aprile 1945.

Trascrizione

«L'anno millenovecentoquarantacinque addì ventuno del mese di Aprile alle ore nove e minuti venti nella Casa Comunale.
Avanti di me Stella Mario applicato ed Ufficiale dello stato civile del Comune di Istrana per delegazione avuta, sono comparsi Serrajotto Giovanni fu Osvaldo di anni cinquantadue, contadino, residente in Sala d'Istrana e Zanatta Giacomo fu Antonio, d'anni cinquantotto, contadino, residente in Sala di Istrana i quali alla presenza dei testimoni Foresto Giuseppe di fu Francesco di anni cinquantasette contadino residente in Istrana e Rizzardo Giuseppe di fu Giosuè di anni sessantasette contadino residente in Istrana mi hanno dichiarato quanto segue:
Il giorno venti del mese di Aprile dell'anno millenovecentoquarantacinque alle ore undici e minuti nessuno, in seguito a ferita d'arma da fuoco in località Longher *
è morto Baldrocco Bruno dell'età di anni ventitrè, di razza ariana, residente in Treviso, impiegato, che era nato a Treviso da Girolamo, commerciante residente in Treviso e da Bolzanella Onorina, casalinga, residente in Treviso e che era celibe[...]».

* Ringrazio Lorenzo De Lazzari, ufficiale di Stato Civile del Comune di Istrana, per aver individuato la corretta lettura di questo antico toponimo scomparso. La località è attualmente conglobata nell'aeroporto militare.


La cronaca del parroco di Sala d'Istrana


Brigate nere: "uomini rotti ad ogni vizio"... - dalla cronaca del parroco di Sala d'Istrana TV - 
L'uccisione di Bruno Baldrocco e Angelo Favarin nel racconto di
don Giovanni Gattoli, parroco di Sala d'Istrana [detta anche Sala di Campagna].

(Cronistorie di guerra ... 1939-1945..., pp. 721-723, a c. di Erika Lorenzon - da DVD allegato)

«In questo nervosismo di cose passata la Pasqua (1° Aprile), venne per noi l'infausta giornata del 20 Aprile 1945.

Alle ore 8.30 di quel giorno un camion di Brigate Nere (uomini rotti a ogni vizio, colpevoli di delitti e venduti alla traballante repubblica del Duce,) si presentarono in casa Pedron in cerca di Bruno Baldrocco, segnalato come Partigiano e detentore di armi.
Fu preso e messo nel camione delle Brigate Nere mentre cercarono subito nella casa poco discosta il ventenne Favarin Angelo di Giovanni, coinvolto con lui. Misero sossopra la casa Favarin, asportandovi denaro, vestiti, biancheria e salumi, con minaccia di incendiare l'abitazione se non fosse comparso il ricercato, che era al lavoro dei campi con altri componenti la famiglia.
L'arrivo delle Brigate Nere portò il terrore in paese. Tutti fuggivano specialmente i giovani, fatti segno a bersaglio di fitte sparatorie.
Anche il Favarin Angelo, attraverso i campi s'era dileguato nei confini di Falzè, ma sotto la minaccia di danni maggiori, il padre stesso persuase il giovane a presentarsi. Non l'avesse mai fatto!
Trattato in modo inumano con altri considerati sospetti, furono condotti fino al camion, che sostava sulla strada presso le famiglie Tosello e Berlese.
Trattenuti solo i due ritenuti colpevoli: il Baldrocco e il Favarin, lasciarono gli altri. Ai pianti e strazi delle madri e dei parenti, si rispose che dovevano condurli a Treviso per essere esaminati e, se innocenti, rilasciati subito.
A Pezzan, vicino al mulino dei fratelli Michieletto, fecero sosta un'ora in cerca d'altro iniziato: Cavallin Florindo fu Valerio, Partigiano e detentore di armi, che nel frattempo si era squagliato.
Proseguendo la strada comunale nel territorio della Parrocchia di Istrana, prima del paese, in una stradicciola interna a destra, segnata attualmente da un monumentino, circa le ore 11.15 i due furono fatti smontare e uccisi proditoriamente con alcuni colpi di rivoltella alla nuca. Il Parroco di Pezzan, subito accorso per amministrare loro l'Estrema Unzione, constatò per primo la morte. [...]
Il pianto dei genitori, il dolore, il lutto dei parenti, l'esecrazione fu unanime ed universale qui e nei paesi d'intorno.
Inutilmente il Parroco Don Giovani Gattoli accorse a Treviso per intercedere a mezzo di S. E. Mons. Vescovo la liberazione, se fossero giunti colà al Collegio Pio X°, sede del Comando delle Brigate Nere. Terrorizzati e senza autorizzazione (chi ne aveva il coraggio allora) alcuni uomini con a capo Fuser Vittorio fu Sante di qui trasportarono con una carretta i cadaveri nella cella mortuaria del Cimitero di Sala in attesa dei funerali, che si fecero tra il terrore e l'angoscia il mattino del 22 aprile dal Cimitero alla Chiesa Parrocchiale di Sala e ritorno. Per interessamento della famiglia Baldrocco, le Salme furono tumulate in una tomba comune.
Passata la liberazione nel trigesimo della morte furono pubblicate le seguenti epigrafi


COMITATO LIBERAZIONE NAZIONALE
Corpo Volontario della Libertà
"Brigata Zancanaro"

Il giorno 20 Aprile 1945 morì di proditoria e atroce morte
barbaramente trucidato dalla Brigate Nere
IL TENENTE
BALDROCCO BRUNO
Comandante di Battaglione

Colla sua dedizione eroica e tragica
propizi ora dall'Alto
alla rinascente Patria
concordia fraterna e giustizia
nella vera libertà


I compagni d'armi la Famiglia ed i parenti tutti nel trigesimo lo ricordano con orgoglio e riconoscente affetto. 20 Maggio 1945


La stessa dedica munita di fotografia [fu affissa] per il Patriota FAVARIN ANGELO.

Nel settembre dello stesso anno, a iniziativa dei patriotti del paese Favarin Virgilio fu Eugenio, Berlese Silvio di Raffaele, Rosin Evaristo fu Giuseppe, di quelli di Istrana e Paese, dopo una Ufficiatura e Messa nella Parrocchiale di Istrana, fu inaugurato nel luogo del supplizio delle due vittime, una colonna spezzata, a base della quale si legge questa scritta:


Qui il 20 Aprile 1945
odio di parte e ferocia brutale
stroncò la giovinezza
BALDROCCO BRUNO di anni 24
e FAVARIN ANGELO di anni 21
rei soltanto di amare
la libertà d'Italia.
Preghiamo
per le vittime innocenti
propagando insieme
non la violenza ma l'amore.


Il Comitato di Liberazione di Istrana, a mezzo del Rag. Orazio Volpato di qui, e di altro oratore - comunista - porsero il saluto ai baldi giovani caduti per la causa patriottica. Numerosa fu la partecipazione del paese, specie dei giovani e vi fu rappresentata largamente con bandiera anche la Gioventù Maschile di A. C. [Azione Cattolica]
Per il clero intervennero: Il Parroco di Pezzan Don Francesco Longato e il Cappellano di Paese Don Giuseppe Pizzolato, oriundo di qui». (Cronistorie... , pp. 721 -723).


Sala d'Istrana, 4 novembre 1945: inaugurazione del monumento a Baldrocco e Favarin

Monumento ai partigiani Bruno Baldrocco e Angelo Favarin, uccisi dalla brigate nere di Treviso.
Sala d'Istrana, 4 novembre 1945: inaugurazione. (Il Lavoratore, settimanale del Pci di Treviso, 10.11.1945).

Trascrizione
Istrana
I Martiri delle brigate nere
montano la guardia alla
Libertà

«Domenica 4 novembre, con rito austero e semplice, si sono commemorati a Sala di Istrana i due Martiri della Libertà BALDROCCO BRUNO e FAVARIN ANGELO, caduti sotto i colpi del mitra assassino delle brigate nere.
Appartenevano alla Brigata "Zancanaro" e immolarono la loro giovanissima vita per la santa Causa. Dopo il rito religioso e la S. Messa, celebratasi nella parrocchiale di Istrana, il corteo, con le bandiere del Partito Democratico Cristiano e un mazzo di fiori del Partito Comunista di Treviso, portato da una piccola figlia di un compagno, si è recato sul luogo del massacro, ove era stato eretto un cippo marmoreo ad imperitura memoria. Benedetto il monumento ed i fiori, il Comandante Partigiano Caridi * ha pronunciato elevate parole, incitanti alla collaborazione per la ricostruzione ed alla solidarietà contro la reazione tramante. Dopo di lui ha parlato pel P.C. il compagno Avv. [Carlo] Vestidello, rievocando la figura dei Martiri, che vanno ad aggiungersi alla numerosa schiera di Eroi, che caddero per la libertà e invitando le madri a non piangere e ad essere orgogliose che i loro figli montino nella strada solitaria la guardia alla libertà raggiunta. Ha parlato successivamente per il Partito Democratico Cristiano l'Avv. Alfredo Cursi, che ha riunito in un unico abbraccio fraterno i due giovanissimi Eroi ai mille e mille morti del Carso, del Piave e del Montello, nomi sacri alla libertà della Patria, che in quel giorno echeggiavano più forti nel suo cuore di vecchio combattente.
Ha parlato pur il sig. Volpato, che ha rinnovato l'appello alla concordia».

* Forse si tratta di Umberto Romagnoli Carini «infaticabile e insonne Vice Comandante della Piazza di Treviso», come lo ricorda Il Popolo, organo del Partito Democratico Cristiano nel suo numero speciale del [1°] maggio 1945.


Cippi partigiani, provincia di Treviso -
Cippo partigiano in memoria di Bruno Baldrocco e Angelo Favarin uccisi dalle brigate nere
a Sala d'Istrana il 20 aprile 1945. Eretto originariamente in un terreno
che verrà occupato dall'aeroporto militare di Istrana (inizio lavori 6.9.1952 , inaugurazione 22.6.1954),
si trova ora all'ingresso del cimitero di Pezzan-Sala, lato Sala. Foto 10.2.2018.
Nella ricollocazione, il testo della lapide ai piedi della colonna - che in origine ricordava la "ferocia brutale"
che aveva stroncato la giovinezza di Baldrocco e Favarin - è stato emendato da ogni accenno
al motivo per cui i due giovani furono uccisi. Strana reticenza.

Di Baldrocco si mette in luce il suo grado di tenente, dimenticando di specificare che si tratta di un 
grado attribuitogli nella sua qualità di comandante partigiano, mentre nel regio esercito era stato caporale. 
Ma la parola partigiano, negli anni del centrismo democristiano e in un'area con 
assoluta maggioranza DC come quella di Istrana, era rigorosamente da evitare. 
(Ringrazio Eugenia Pestrin e Donatella Rech per la segnalazione di questo monumento).


Anche il parroco di Paese, mons. Attilio Andreatti, ricorda la presenza di Baldrocco quale comandante dei partigiani della zona di Sala e Pezzan.
Mons. Andreatti è chiaramente schierato a favore dei patrioti che lottano contro i tedeschi invasori e i fascisti loro alleati e nell'incipit della sua narrazione relativa all'opera dei partigiani di Paese e delle parrocchie circostanti non esita ad usare un tono epico: «È l’ora tenebrosa, l’ora di pochi coraggiosi, l’ora dei partigiani. Il 13-9-1943 avvennero i primi contatti del Comandante della squadra dei Partigiani di Paese, Rino Contò col Ragioniere Pizzinato in via Luigi Pastro di Treviso [dove nella fase iniziale della Resistenza si riunivano - in casa dell'avv. Italico Corradino Cappellotto - i quadri del Comitato trevigiano di liberazione]. Con diversi nuclei di partigiani si formò il Battaglione Zancanaro. Il primo loro compito fu raccogliere e comperare armi; si ebbero subito i primi sabotaggi: interruzione di linee telefoniche, asportazione di tabelle indicatrici… ecc. Gli aderenti al movimento partigiano aumentarono a poco a poco a Villa-Paese-Sovernigo e ad essi si aggregarono le formazioni di Sala e Pezzan comandate da Bruno Baldrocco, sfollato da Treviso a Sala. Il Battaglione si trasformò nell’Agosto 1944 in BRIGATA ZANCANARO.  Di continuo si operava il sabotaggio: sbollamento di linee ferroviarie per deragliare i treni. Con l’uso di matite esplosive si fecero saltare le linee ferroviarie ed elettriche ad alta tensione; si guastarono macchine e materiale elettrico nei vagoni, che stanziavano lungo la ferrovia… ». (Cronistorie.... , pp. 1888-1189 - Evidenziazioni del curatore).


Nel 1952, durante le lotte contro la costruzione dell'aeroporto militare di Istrana, la Federazione Giovanile Comunista di Treviso coopterà nelle proprie fila il partigiano Baldrocco che pure aveva militato ed era morto sotto le bandiere di una formazione democristiana.
Nell'articolo qui sotto riprodotto è citato il solo Baldrocco, sfollato a Sala in seguito ai bombardamenti di Treviso del 1944, (e non il compagno di lotta Favarin, che era del luogo). Appare evidente, quindi, che il giovane comunista Baldrocco, proveniente dalla città, non aveva avuto remore (né gli erano stati posti divieti) di militare nella formazione partigiana presente nella zona, la brigata democristiana Zancanaro.
Casi del genere, cioè di militanza partigiana in formazioni distanti dalle proprie convinzioni politiche, non erano peraltro rari, ad iniziare da quello forse più noto di Aldo Gastaldi "Bisagno", cattolico, che combatté in Liguria al comando della divisione garibaldina Cichero assieme al comunista Giovanni Serbandini.


Lotte contro la costruzione dell'aeroporto di Istrana
voluto dalla Nato nel quadro della guerra fredda in atto contro l'Unione Sovietica.
Il partigiano Bruno Baldrocco è paragonato ai Martiri di Belfiore,
di un secolo prima, come eroe morto ''per scacciare lo straniero dalle nostre terre".

(Il lavoratore della Marca Trevigiana'', Settimanale della Federazione Trevigiana del PCI, 5 settembre 1952)

Il ricordo di Bruno Baldrocco nel monumento ai partigiani d Treviso.

Via Bruno Baldrocco, la strada che il comune di Paese ha dedicato al partigiano ucciso il 20.4.1945:
parte iniziale della provinciale n. 100 che da Porcellengo conduce a Castagnole. (Google Street View 2019)


< Precedente > Successivo Torna alla pagina iniziale

Franco Ardi, 1922-1944

Ardi Franco di Luigi, Treviso, classe 1922
Caporale Maggiore - 15° Rgt. Autieri
Partigiano combattente Brg. Feltre - Div. Belluno
Catturato durante un rastrellamento il 1° agosto 1944, veniva deportato a Dachau, dove moriva d'inedia
Studente - liceo classico          (Elio Fregonese, 1997)




Ulteriori informazioni tratte dal foglio matricolare
Ardi Franco, classe di leva 1922, matricola 22843, Distretto di Treviso.
Alla visita di leva (11.7.1941): residente a Treviso in piazza Filippini (ora Silvio Trentin) al n. 49.
Figlio di Giuseppe e Dalla Pozza Silvia; nato il 5 luglio 1922 a Treviso [luogo di nascita corretto a matita con Barbarano - Vicenza].
Statura 1,70 - torace m. 0,89. Studente liceo classico.
26 gennaio 1942 «Ammesso al ritardo del servizio militare per ragioni di studio quale inscritto all’ultimo anno di scuole medie superiori di 2° grado a mente del N. 8 del manifesto di chiamata alle armi della classe 1922 allegato alla circolare 897 G.M. 194e».
30 giugno 1942 «Ha dichiarato di aver conseguito il diploma di maturità classica il [...] Giugno 1942. Ha l’obbligo di frequentare i corsi Allievi Ufficiali di Complemento circolare n. 173 e 174 GM 124».
11 febbraio 1943 Chiamato alle armi e giunto al Deposito 15° reggimento Autieri in Savona il 12 febbraio 1943.
12 febbraio 1943 Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra.
15 aprile 1943 Caporale.
15 agosto 1943 Caporale maggiore.
28.3.1944 «Iscritto nel ruolo della forza in congedo di 15° Regg. Autieri del Distretto militare di Treviso». [Ultima annotazione come appartenente alle forze della RSI]

1 agosto 1944 «Catturato dalle truppe tedesche a Lasen di Feltre ed internato in Germania».
5 marzo 1945 «Deceduto in prigionia in Germania, per maltrattamento (espresso  Racc.  n.522709 del 9.7.46 MG)».
«Considerato prigioniero di guerra a tutti gli effetti dal 1.8.44 al 5.3.45»
«Ha fatto parte dal 1.12.1943 al 5.3.1945 della Formazione Partigiana Brigata Feltre in località Belluno, assumendo la qualifica gerarchia di [...] ».
«Riconosciutagli la qualifica di “Partigiano Combattente” (foglio n. 11981 della Commissione Regionale Riconoscimento Qualifica Partigiani che hanno operato nel Veneto)».

Il luogo di morte di Franco Ardi, a differenza di quello dell'amico e compagno Luigi Bordin, non è stato identificato con certezza dalle autorità militari


Franco Ardi, partigiano, per Onorcaduti risulta genericamente ''disperso'' il 5 marzo 1945.

Franco Ardi per l'Albo IMI (Caduti internati militari italiani nei lager nazisti 1943-1945)
- che ovviamente si rifà alle fonti militari - è caduto genericamente nel "Fronte Tedesco".

A Franco Ardi [e a Luigi Bordin] "quali studenti caduti per la Liberazione 1943-1945" verrà concessa da un'apposita commissione* dell'Università di Padova la laurea Honoris Causa .


11 giugno 1947: l'università di Padova assegna sei lauree honoris causa
ad altrettanti caduti partigiani di Treviso.
Fra di essi Franco Ardi, Luigi Bordin, Antonio Brambullo (medicina
 )

e Giulio De Zuliani (giurisprudenza). Va sottolineata la numerosa partecipazione di 
studenti in medicina trevigiani alla Resistenza: altre due lauree h.c. saranno assegnate a Giovanni Girardini 
Jacopo Mantovani Orsetti. Cfr. inoltre la testimonianza di Enzo Semini 
su un tentativo di sabotaggio al Ponte della Gobba sul Sile da parte di tre studenti in medicina:
Bruno Dotto, Giacomo Perotto e Giorgio (Jack) Rizzo.

Questa la scheda di Ardi:

«Ardi Franco - Di Barbarano Vicentino; iscritto al 2° anno di Medicina e Chirurgia; Partigiano combattente della Brigata “Feltre” Divisione “Belluno”.
n. 2 luglio 1922 - m. 5 marzo 1945
Luogo della morte: “Deportato nel campo di concentramento di Melck-Mauthausen e ivi deceduto”.
Riconoscimenti militari: nessuno.
Riconoscimenti dell’Università: Laurea h. c. 11 giugno 1947». (Graziuso, p. 95 e 108)
*
La commissione fu istituita nel febbraio 1946 per iniziativa del rettore Egidio Meneghetti e del Senato accademico. Era composta da noti docenti quali Norberto Bobbio, Lanfranco Zancan, Enrico Guicciardi ed Efisio Mameli (presidente). Partecipavano anche dei rappresentanti degli studenti, il più assiduo dei quali fu Carlo Cessi, ex partigiano.  
(Graziuso, pp. 84-86 e 187)



I partigiani Franco Ardi e Luigi Bordin catturati in Cadore e deportati in Austria
a Mauthausen, ricordati in un articolo di Giuseppe Pase, sul Gazzettino del 7 aprile 1946.
(INSMLI, fondo CVL, b. 164, fasc. 526)

Trascrizione

Martiri per la libertà
Franco Ardi e Luigi Bordin
scomparsi a Mauthausen

Due giovanissimi studenti, Franco Ardi e Luigi Bordin, nati rispettivamente a Barbarano Vicentino e a Feltre, ma residenti a Treviso, che scomparvero or è un anno nel tragico "lager" di Mauthausen, offrono oggi ai giovani che si riaccostano nell'atmosfera della libertà  alle discipline universitarie, uno dei più commoventi esempi di amor patrio e di tenera amicizia.
Quando scoppia la guerra, Franco e Gigi sono ancora ragazzi: non hanno che diciott'anni. Sono cresciuti quasi sempre insieme; insieme frequentano l'Ateneo patavino, chiamati dalla loro natura generosa allo studio della medicina. Ma all'alta missione della scienza, a cui si sarebbero certamente dedicati con entusiasmo, devono rinunciare prima ancora di cominciare. Ben altro destino li attendeva. La patria, che nell'austerità della famiglia essi avevano imparato ad amare sopra ogni cosa, doveva richiedere un giorno il loro sacrificio, insieme a quello di migliaia di altri giovani, per rompere le catene della schiavitù e riconquistare la libertà.
La guerra divampa nel mondo. Ardi e Bordin devono interrompere gli studi e correre alle armi. Naturalmente non si separano: non possono, non vogliono separarsi. La loro profonda amicizia li lega ormai per sempre: per la vita e per la morte. Affrontano sorridenti le incognite della guerra. I giorni dell’armistizio li trovano insieme. Allievi ufficiali automobilistici a Savona. I tedeschi dànno loro la caccia, ma essi riescono a sottrarsi alla cattura con la fuga, e si rifugiano a Feltre in casa del padre di Bordin, un vecchio alpino che, avendo sofferto la prigionia in Germania durante l’altra guerra, sa a quali eccessi può giungere la barbarie del teutone che è reso furibondo dall’armistizio italiano.
È qui che Franco apprenderà dalla mamma la notizia che suo padre, maggiore di fanteria combattente in Balcania, è stato deportato in Germania dalle truppe tedesche. Il suo cuore sensibile sanguina: egli [sa] quanto dure sono le sofferenze di coloro che, per non tradire la patria, hanno respinto ogni forma di compromesso col Tedesco, venendo rinchiusi nei campi della fame e della morte. Per confortare il padre internato, il figlio scrive tra l’altro: «Per te, oggi, ho fatto la Comunione e ho pregato tanto il Signore. Che Dio ti protegga, caro papà».
Nella quiete di casa Bordin, i due giovani potrebbero trovare l’ambiente ideale per riprendere gli studi; ma non possono restare passivi di fronte all’insolente comportamento dei Tedeschi che, con la complicità dei neofascisti, spadroneggiano in casa nostra. Debbono agire, e agire subito. Franco e Gigi si mettono all’opera. Sanno che il movimento di resistenza sta organizzandosi, e vogliono a tutti i costi farne parte.
Nel gennaio del ‘44 riescono ad arruolarsi tra i primi nella brigata partigiana “Antonio Gramsci” comandata dal tenente Paride Brunetti - “Bruno” - valoroso ufficiale marchigiano che, alla testa dei suoi uomini riuscirà in seguito, con un audace colpo di mano, a liberare una settantina di patrioti, prigionieri dei Tedeschi. Gli amici inseparabili sono felici: finalmente possono contribuire a liberare il paese dal nemico. Incuranti del pericolo che li sovrasta, partecipano a imprese audaci. Il tenente Brunetti affida loro il delicato servizio d’informazioni incaricandoli altresì di tenere il collegamento con gli ufficiali inglesi che operano con le brigate partigiane.
Trascorrono mesi di passione, di lotta. Dalle montagne feltrine, ove hanno il loro rifugio, Ardi e Bordin scendono continuamente in città, spiano le mòsse del nemico, prendono contatti coi loro informatori e riferiscono ogni cosa ai loro comandi. Sono fieri di appartenere al movimento di liberazione. Franco pensa sempre al babbo che soffre lontano; al babbo che ignora i pericoli cui il figlio si espone. Ma sente anche che se suo padre sapesse tutto di lui, pur tremando al pensiero di perdere l’unico figliolo, lo bacerebbe con orgoglio.
Estate 1944, estate del terrore teutonico.
Nel Cadore i partigiani rendono dura la vita ai tedeschi. Per rappresaglia il nemico fa rastrellamenti su vasta scala: incendia paesi, uccide inermi cittadini, arresta chiunque incontra al suo passaggio. Il 1. agosto, durante una di queste operazioni terroristiche, Ardi e Bordin cadono nelle mani dei Tedeschi insieme con altri patrioti. Vengono subito trasferiti alle carceri di Belluno, dove, dopo un sommario interrogatorio, è proposto loro di arruolarsi nelle S. S. o nell’esercito repubblicano. La loro risposta è un secco “no”. Da allora comincia per i giovani il dramma della prigionia. Da Belluno sono trasferiti alle prigioni di Bolzano, poi deportati in quell’inferno dei vivi che è Mauthausen. Chi ha avuto la sventura di entrare in questo campo, che i nazisti riservano ai detenuti politici italiani, sa che solo un miracolo può salvarlo.
Franco Ardi e Gigi Bordin sono là, consci della sorte che li attende. Ma hanno fede nella vita: la speranza di poter rivedere i loro cari non li abbandona mai. Robusti come sono, resistono alle sofferenze, alle privazioni della prigionia. Poi, piegati dai patimenti, muoiono.
La patria, per risorgere, aveva domandato il loro estremo sacrificio.
Giuseppe Pase



Il ricordo di Franco Ardi nel monumento ai partigiani di Treviso.

- (Pagina dedicata al partigiano Franco Ardi) -


< Precedente                 >Successivo                Torna alla pagina iniziale