mercoledì 29 gennaio 2020

NOTE al testo su Wladimiro Paoli, partigiano comunista di Treviso ucciso il 9 . 9 .1944


[1] Vedi la sua scheda nell'elenco caduti della brigata Wladimiro Paoli. (Aistresco, ID 354, n. inv. 024, fondo Resistenza, fasc. "Divisione Garibaldi F. Sabatucci - Elenco caduti (feriti compresi)"
La grafia corretta del nome, riportata nel suo atto di morte, sarebbe "Vladimiro" come, peraltro, nella traduzione italiana del nome del rivoluzionario comunista russo Lenin, al quale chiaramente si ispira. Tuttavia nella quasi totalità dei documenti partigiani coevi si trova scritto Wladimiro, nome che è riportato anche nel mausoleo di Treviso, da cui è tratta la foto pubblicata nel blog.
[2] Traduzione : «È morta di crepacuore, è stata sempre peggio da quando le è venuto a mancare Vladimiro ... I suoi funerali sono stati imponenti, è stato chiesto addirittura di metterla nel mausoleo [dei partigiani al cimitero maggiore di Treviso], e anche dopo il restauro del mausoleo è rimasta là, in pace con suo figlio, anche se il suo nome non compare in nessun posto perché non era una partigiana morta in guerra ... e nel mausoleo dovevano stare solo i partigiani morti in guerra ... ma lei se lo meritava di stare là». (Da Marina Anastasio, I quaderni di Nicola Paoli... p. 35).
[3] Le notizie biografiche sulla famiglia Paoli sono tratte da Marina Anastasio, I quaderni di Nicola Paoli , passim.
[4] Il racconto "A mio figlio" si trova alle pagine 72-85 dei Quaderni ; la ricostruzione del primo episodio partigiano di Wladimiro  alle pp. 72-75.
[5] «Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944». (Incipit di I ventitre giorni della città di Alba, di Beppe Fenoglio, edito da Einaudi nel 1952).
[6] Notare la prudenza del vecchio antifascista nell’usare la sola iniziale “T” del partigiano [con tutta probabilità Ottorino Tosatto] che aveva ucciso il sergente fascista. Siamo a fine dicembre/inizio gennaio del 1944, a guerra in corso, e Nicola scrive su un quaderno privato. Ma, nel caso di una tutt’altro che improbabile perquisizione, se il nome del partigiano fosse stato riportato per intero, la sua fine sarebbe stata segnata.
[7] I quaderni di Nicola Paoli, pp. 75-76.
[8] CASREC (Centro di Ateneo per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea - Università di Padova), fondo Ministero della Difesa - Ricompart, b. 1, fasc. 8, sf. Brigata "Ercole", Diario Storico, [prima] Relazione sui fatti d'arme [senza data, ma 1945], con firma autografa di Albino Tonin ''Alberino". La ricostruzione del sabotaggio del ponte di Santa Cristina è al foglio 5
In questa prima relazione, al foglio 2, "Alberino" ricostruisce l'origine della Brigata Ercole e della "Missione" con cui collaborava. «Nel Marzo 1944 essendo la zona di Cittadella pericolosa per i continui rastrellamenti ci venne affidato da parte di Brotto di Cittadella, il paracadutista UGO della missione [radio] Romolo. Dopo che questi raggiunse la zona a lui designata dal comando Alleato ci venne affidata la Missione n. 1 "SPECIAL FORCE IMPERATIVE" per il Comando Alleato e Missione ZZZ Uff.I per lo Stato Maggiore Generale Italiano (S.I.M.). A mezzo di una trasmittente il contatto della nostra brigata con il Comando Alleato ed Italiano era quotidiano. Dopo che la Missione rientrò alla base io sottoscritto fui nominato Capo Missione continuando l'opera di informatore seguendo le direttive impartitemi dal Capo Missione partente, mentre [Ernesto] Ziliotto [vice-capostazione di Camposampiero] funzionò quale marconista. [Di] modo che assunsi due incarichi: quello di Capo Missione e quello di Comandante la formazione Partigiana "Ercole"».
Al foglio 3 viene ribadito che: «Nessuna attività politica è stata svolta, sempre perché così ci fu comandato dalla Missione, affinché la nostra formazione conservasse quel carattere militare per il cui scopo era stata creata, mentre per la politica ci si era riservati di svolgerla a liberazione avvenuta, perché l'unico ideale dei nostri partigiani è stato sempre lo stesso: Cacciare i tedeschi e liberare la nazione dalla piaga fascista».
[9] Con tutta probabilità un carabiniere aggregatosi ai partigiani dopo l'assalto e il disarmo della caserma di Piombino Dese da parte della brigata Ercole, nell'aprile del 1944. (Cfr. relazione sopraccitata - nota 8 - al foglio 4)
[10] Si tratta di una seconda relazione di 9 fogli dattiloscritti, datata "Camposampiero, 8 maggio 1948", esistente nella busta sopra citata. Questa seconda relazione porta in calce le firme autografe di Tonin Albino "Alberino" (Comandante), Icaro, [ing. Gianni Bertolazzi] (Capo Missione), [Ernesto] Ziliotto (Commissario).
Le informazioni tra parentesi quadra (con i nomi e relative qualifiche) sono presenti anche nella testimonianza di Eugenio Pivato di Galliera Veneta, raccolta il 5 marzo 1997 da Egidio Ceccato per il suo libro Trebaseleghe 1938-1948, Resistenza e dintorni, [...], Comune di Trebaseleghe, 1999.
Ceccato dedica una lunga parte del cap. V - "La calda estate del 1944" (da p. 173 a p. 185) - proprio alla brigata Ercole mettendo anche in risalto l'ostilità che la sua presenza aveva provocato nei partigiani cattolici del cittadellese, il cui uomo di punta era Gavino Sabbadin.
Su questa ostilità è molto interessante quanto scrivono, con amarezza, i responsabili della missione e della brigata Ercole nella parte finale della loro relazione del 1948, consultabile al CASREC di Padova cui è stata inviata dal Ministero della Difesa solo nel 2012.
[11] Egidio Ceccato, Op. cit,, p. 199. La questura descrive la dinamica dell'azione in maniera relativamente corretta, facendola avvenire, però, alle ore 22 e dimenticando di segnalare la morte del partigiano Paoli.
[12] Nell'ordine, sono riportate le testimonianze di:
- Lino Alban, un fedelissimo di Wladimiro fino all'azione sull'Ostiglia, ma che in seguito - "passato nelle brigate nere, non so se per paura o per vigliaccheria, ma e da tenersi alla vigliaccheria" - fece catturare diversi suoi ex compagni. (Quaderni, pp. 81-82),
- del carabiniere Salvatore Altamira che sparò la raffica mortale,
- di Giuseppe Basso di Trebaseleghe, che sottoscrive ben tre dichiarazioni. Nella prima ricostruisce i fatti nel modo conosciuto (cioè l'errore di Altamira che scambia Wladimiro per un tedesco) affermando però che l'azione "si doveva compiere alle ore 19 circa". Nella seconda sottolinea che al momento dell'azione "non era buio" (a differenza di quanto dichiarato da Alberino che l'azione si svolse all'imbrunire]. Nella terza, sottoscritta con il paesano Aronne Zamengo, si scaglia contro la disonestà e il poco scrupolo di Alberino [viene da pensare su suggerimento del padre di Wladimiro che voleva screditare Alberino], accusandolo di agire per il proprio tornaconto e non per la causa della liberazione; i due si dicono pronti di fornire al riguardo dichiarazioni dettagliate"di fronte a chiunque e in ogni momento",
- del comandante della brigata Ercole Albino Tonin - Alberino, (che abbiamo riportato integralmente),
- di Antonio Pavanetto, capostazione di Badoere e collaboratore dei partigiani.
[13] In base all'orario ufficiale dei treni dell'Ostiglia, il dettaglio è corretto
Il 9 settembre, con l'ora legale in vigore, alle ore 20 il tramonto è già avvenuto e siamo  in una condizione di semioscurità.


Orario del tramonto a Piombino Dese, con ora legale, il 9 settembre.
(https://www.dossier.net/utilities/calendario-solare-alba-tramonto/piombino-dese.htm#banner02)

[14]
Il particolare del berretto e dei calzoncini è confermato nell’atto di morte del comune di Piombino, mentre quella che Alberino chiama saariana, per l’ufficiale di stato civile è un “giubbino di tela color celestone”.
[15] Quaderni... , pp. 160-162.
[16] La morte di Wladimiro Paoli per "fuoco amico", accreditata dalla curatrice dei Quaderni (pagine 162 e 164) non fu mai del tutto accettata dal padre. In un'intervista raccolta da Ives Bizzi, Nicola Paoli afferma di aver «sempre avuto il dubbio che quello era un attentato preparato per ammazzare tutti quelli della squadra di Wladimiro».
(Quaderni... , p. 175).
L'opinione di Nicola Paoli su Alberino è esplicitata con maggior chiarezza a p. 77 dei Quaderni, nel ritratto biografico del figlio: «[Vladimiro] conobbe in quella zona un agente del servizio inglese, cosi chiamato Alberino. Strinsero relazione e decisero di collaborare assieme per l'azione in comune contro fascisti e tedeschi. Vladimiro si esprime chiaro e dice di essere comunista e tanto lui che i suoi compagni lavorano no per il denaro, ma per la loro fede. Certo non è cosi per Alberino, Italiano di origini ma al soldo degli inglesi e certo anticomunista… ».
[17] Nicola Paoli allega i versi scritti dal figlio "pochi giorni prima della sua morte assieme a un suo compagno". Sono una riproposizione e assemblaggio di due noti inni proletari: l'Internazionale e il Canto [o Inno] dei lavoratori, adattati al particolare momento che i giovani partigiani comunisti stavano vivendo. Questo il testo:
«Il grido della libertà // Avanti avanti il gran partito / Noi siamo dei rivoluzionari / La lotta sosterremo fino al sangue / E alla morte combatteremo / Sempre forte fino al giorno /della libertà /
su fratelli su compagni / su venite nella nostra schiera / su venite sotto la nostra bandiera / che pugnando si morrà
Su compagni forti e uniti / Strangoleremo i banditi / Per la santa libertà / Roma vittoriosa è ritornata a noi / tra i suoi figli e i comunisti eroi / Dalle spiagge scenderanno / Le mitraglie falceranno / Tutti i boia e i traditori / che tradiron e bastonaron».
[18] a - Nota originale di Marina Anastasio
«È interessante leggere cosa scrive nella sua cronaca, relativa al medesimo giorno, l'allora cappellano di Piombino Dese, Vito Montin: "La notte precedente la solennità dei morti [le tombe] furono ben preparate e ornate pietosamente di fiori.
[...] Il fatto fu notato da tutti il giorno dopo allorché tutto il paese si riversò in cimitero per visitare i suoi morti; i paesani sostarono a pregare anche nella tomba dei tre patrioti. Il fatto fu notato anche dai tedeschi a dai fascisti sempre più stizziti e seccati.
[...] Certe figure losche furono viste girare per il cimitero e per il paese e, nonostante il loro truccamento in borghese e il loro fare che affettava di naturalezza furono ben distinti dai paesani e quindi girati alla larga. Nulla fu saputo, nessuno fu accusato». (Archivio Biblioteca Seminario Vescovile di Treviso; fondo Chimenton, b. 2, faldone 3 - [Questo brano è riportato anche nelle “Cronistorie…” , a p. 158] ).
b - Il parroco mons. Antonio Dal Colle ricostruisce nel dettaglio, sia pure sinteticamente, la successione dei fatti accaduti a Piombino Dese nella tarda estate-inizio autunno 1944:
«4 ago[sto]
La muti se ne è andata da qui: sia lodato il Signore. Viene sostituita dalla guardia repubblicana.
[NdC - La presenza della Muti a Piombino Dese non è provata. Egidio Ceccato segnala la presenza a Piombino delle “brigate nere di Nello Allegro” (Trebaseleghe…, p. 185) ]
8 ago[sto]
Tre poveri giovani della guardia repubblicana locale, portatisi a Cappelletta di Noale per un sopraluogo di un furto, vengono proditoriamente uccisi da partigiani di quelle parti che li credettero appartenenti alla muti di stanza a Piombino.
10 ag[osto]
Le salme dei tre uccisi vengono ritrovate e portate a Piombino. Il cap[itano] Toderini della muti di Padova chiama in caserma l’arciprete e il Podestà di Piombino, il parroco di Trebaseleghe col Podestà i parroci di S. Dono e di Cappelletta. Dopo qualche ora permette che parroci e podestà passino dalla caserma alla canonica di Piombino dalla quale non devono muoversi.
11 ag[osto]
Arriva Allegro di Padova che viene in canonica e minaccia di mandare l’arciprete in Germania, perché col Podestà ha detto male della muti che prestò servizio a Piombino per due mesi. Il podestà di Piombino – Squizzato Virginio – viene condotto dall’Allegro nelle prigioni di Padova.
12 ag[osto]
Grandioso funerale delle tre vittime innocenti della guardia repubblicana. Compianto generale. Migliaia di persone intervenute, fra queste il Prefetto di Padova Menna che dà il saluto alle tre salme nel piazzale della chiesa.
9 sett[embre]
Ieri sera sul ponte dell’Ostiglia sopra la Valsugana viene fatto saltare una macchina ferroviaria da partigiani. Uno vi rimase morto, colpito da scarica di mitra; pare per uno sbaglio dei suoi commilitoni, poiché là non vi erano altro che partigiani. La vittima è di Treviso, si dice. [Morte di Wladimiro Paoli]
15 sett[embre]
Vengono portati a Piombino due cadaveri di due partigiani rimasti uccisi a Zeminiana nella lotta di ieri tra questi e i nazi-fascisti.
3 ott[obre]
Stanotte il ponte dell’Ostiglia sopra la Valsugana viene fatto saltare. [...] ».
(Cronistoria..., pp. 171-72 - Titolo originale della relazione di mons. Dal Colle: «Un po’ di cronaca di guerra 1940-1945 tolta dal libro: Cronaca della Parrocchia»).
[19] (Quaderni.... , pp. 82-85).
[20] Titolo originale riportato da Marina Anastasio nei Quaderni.... , p. 108. Segue la lunga poesia di Nicola “Sulla tomba”, (56 quartine), pp. 109-117.

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