Caporale Maggiore - 23° Rgt. Artiglieria - Div. Re
Partigiano Combattente - Brg. Cairoli - Div. N. Nannetti
Caduto il 5 aprile 1945, a Paese
Durante azione notturna, circondato dai tedeschi, catturato nel tentativo di disarmare uno dei suoi carcerieri veniva ucciso
Ferroviere - 3. avv. commerciale (Elio Fregonese, 1997)
Ulteriori informazioni tratte dal foglio matricolare
Chiarello Rino, classe di leva 1921, matricola 16136, Distretto di Treviso (28).
Figlio di Attilio e di Bonaldo Amelia, nato l’8 dicembre 1921 a Treviso.
4 giugno 1940 Visita di leva: statura cm. 163,5 - torace m. 0,83.
Professione: impiegato - Titolo di studio: 3a commerciale inferiore.
Residente a Treviso, Via Dotti 38.
9 gennaio 1941 «Chiamato alle armi e giunto [a Udine] l’11 gennaio al 23° Rgt. artiglieria divisionale fanteria». [Rgt. “Timavo” della 13a Divisione
Fanteria da montagna “Re”].
Fanteria da montagna “Re”].
(A matita, sulla parte bianca a sinistra del foglio, in alto): “Gruppi Ippotrainati”
6 aprile 1941 In territorio dichiarato in stato di guerra. [Inizio invasione della Jugoslavia].
6 febbraio 1942 Caporale.
7 febbraio 1942 Cessa di trovarsi in territorio dichiarato in stato di guerra.
9 luglio 1942 Trattenuto alle armi nel 23° Rgt. artiglieria.
3 ottobre 1942 Inviato in licenza di giorni 15+3 per gravi motivi di famiglia.
21 ottobre 1942 Rientrato al corpo.
1 luglio 1943 Caporale Maggiore.
8 settembre 1943 «Considerato collocato in congedo per i noti eventi dell’8 settembre 1943».
11 novembre 1943 «Presentatosi volontario al Comando Compagnia Sicurezza di Treviso»
1 aprile 1944 “Parificato” nel ruolo della forza in congedo dell’Artiglieria Divisionale di Fanteria del Distretto Militare di Treviso.
(A matita) 6 aprile 1945 «morto a Quinto di Treviso».
Nessun’altra notizia sulla sua attività partigiana; solo una croce tracciata con matita rossa a indicarne la morte.
* * *
Due atti di morte del partigiano Rino Chiarello
Comune di Treviso
Parrocchia di Quinto
Il ricordo del partigiano Rino Chiarello nel mausoleo dei partigiani di Treviso.
Rino Chiarello fu ucciso dai tedeschi in via San Cassiano (la strada fra Quinto e Paese),
nella notte fra il 5 e il 6 aprile 1945.
Rino diede il nome (assieme al cugino Bruno: i rispettivi padri Attilio e Angelo Chiarello erano fratelli)
[informazione di Francesca Trevisan, nipote di Rino]
al battaglione garibaldino "Rino e Bruno Chiarello" che operava nel capoluogo e dintorni.
A Rino Chiarello fu anche intitolata la sezione cittadina del PCI.
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Il btg. autonomo “Bruno e Rino Chiarello” — così denominato dopo la Liberazione in onore dei due partigiani caduti (che erano cugini) — apparteneva alle formazioni garibaldine e operava nella città di Treviso e immediata periferia. (Istresco, Diari Storici…, p. 414 e pp. 419-420 Foto: da "Volti e luoghi della Resistenza trevigiana") |
Una testimonianza della nipote Francesca Trevisan:
«Purtroppo mia madre non ha notizie rilevanti sul fratello. I suoi unici ricordi riguardano l'aspetto privato di Rino, come il fatto che suonasse il mandolino o il momento in cui qualcuno arrivò a casa (erano presenti lei e la madre Amelia) con il suo portafoglio per comunicarne la morte e Amelia svenne, batté la testa e perse l'udito per sempre. Le dirò di più, mia madre, che allora aveva soltanto otto anni, conosce una versione alquanto edulcorata della fine del gentile e amatissimo fratello: nessuno ha mai avuto cuore di raccontarle tutta la verità e lei è l'unica sopravvissuta della famiglia (cinque figli)».
Trascrizione
Rino Chiarello
n. 8.12.21 m. 5-4-45
L'ultima volta che lo vidi mi disse: "Zio*, io torno in montagna, vado lassù con i miei compagni, non posso più restare, perché se resto mi tocca morire".
Tentai di persuaderlo, gli dissi di attendere, che anche restando poteva essere utile. Sapevo che era fiato sprecato: quando aveva deciso era irremovibile. Parlava poco e sempre a "fatto compiuto".
Se resto mi tocca morire! Questo fu il suo commiato. Era la vigilia del suo olocausto.
Combattente volontario della libertà era per me il compagno più caro di fede. Come comunista non conobbe il dubbio. Impugnata l'arma era sceso in campo contro i nemici dell'umanità; fra i primi, sorretto da una fede ardente, spinto da un amore immenso per la sua terra, lottò, e combattendo trovò la morte.
Antonio Bonaldo |
Tu ora sei un simbolo, una bandiera.
Era per te appena sbocciata la primavera e ti sorrideva la vita. Un nome, tutta luce, ti trattenne un istante. Vinse l'altro. E i due nomi ti hanno accompagnato fino alla fine: Mamma e Libertà.
Inchiodato al suolo dal piombo tedesco, il tuo corpo fu trovato, il volto rigato di sangue. Era un Partigiano che moriva, un altro figlio nostro irrorava col suo sangue la terra perché ritornasse libera.
* Quasi sicuramente lo "zio" in questione è Antonio (Toni) Bonaldo, commissario del btg. "Rino - Bruno Chiarello" ed esponente del PCI trevigiano, nelle cui liste si presenterà alle elezioni amministrative del Comune di Treviso il 31 marzo 1946, venendo eletto con 5.134 preferenze (un voto in meno di Nicola Paoli e sei in più di Guido Benvenuto).
* Quasi sicuramente lo "zio" in questione è Antonio (Toni) Bonaldo, commissario del btg. "Rino - Bruno Chiarello" ed esponente del PCI trevigiano, nelle cui liste si presenterà alle elezioni amministrative del Comune di Treviso il 31 marzo 1946, venendo eletto con 5.134 preferenze (un voto in meno di Nicola Paoli e sei in più di Guido Benvenuto).
Francesca Trevisan mi scrive infatti che «Amelia Bonaldo [mamma di Rino], aveva effettivamente, tra gli altri, un fratello di nome Antonio».
Rino Chiarello "Dante", partigiano ucciso nella notte fra il 5 e il 6 aprile 1945, viene ricordato il 4 aprile 1947 dal settimanale dell'Anpi di Treviso La Nuova Strada nel secondo anniversario della sua morte. |
Trascrizione
Il 5 aprile ricorre il secondo anniversario della morte del combattente della libertà RINO CHIARELLO (Dante) Partigiano della Cairoli [brigata della divisione Nannetti].
Dopo diciassette mesi di dura lotta contro gli invasori teutonici e i criminali fascisti, immolava la sua giovane esistenza per i sacri principi della libertà.
Catturato, mentre di notte con un gruppo di compagni, stava per compiere un colpo di mano ad un presidio tedesco nei pressi di Paese di Treviso, e rinchiuso in una stanza, veniva torturato a sangue perché denunciasse i compagni. Non profferì parola.
Nell'estremo istante della sua vita si scagliò contro il carnefice che lo apostrofava con le più volgari ingiurie ed estrattogli l'arma che teneva alla cintola gliela scaricava contro, mentre egli veniva crivellato da una raffica di mitra sparatogli alla schiena da un secondo aguzzino presente alla tortura.
Trascrizione
Il partigiano Rino Chiarello "Dante" è ricordato anche, a due anni dalla sua uccisione, da Il Lavoratore, settimanale della federazione trevigiana del PCI. A lui fu intitolata la sezione cittadina del partito, che aveva inizialmente sede nei locali della ex caserma del 55 Fanteria in via Canova. (Gazzettino, 29.3.1947) |
Trascrizione
In fila camminavano i compagni, ombre silenziose nella pallida notte di aprile; il mitra era freddo e familiare al tocco della mano.
Camminavano nella strada deserta, quando improvviso li fermò un grido e spari dolorosi lacerarono il silenzio. Chi s'affidò alla fuga ansante nei campi ma gli altri, stretti, senza scampo, s'arresero.
Dante dovette allora, sotto la tortura, chiedere aiuto a se stesso, ai suoi sogni, cresciuti con lui, di libertà e di popolo, al suo giovane entusiasmo che lo aveva portato a combattere in montagna ed ora tra i Gap.
Egli aveva trovato nella sua famiglia una guida all'ansiosa ricerca di giustizia, aveva imparato ancor giovane che cos'era il Partito. Dopo l'8 settembre vi era entrato con la sicurezza di un vecchio militante, aveva combattuto la lotta in pianura, che gli sembrava troppo facile, aveva combattuto in montagna, il fazzoletto rosso al collo, con la Brigata Cairoli.
Quando, durante il grande rastrellamento la Brigata s'era sciolta, era ritornato alla lotta in pianura, con i Gap.
Ed ora era lì, sotto la frusta, e taceva. Finché l'animo generoso ebbe un lampo improvviso di ribellione, l'ufficiale tedesco cadde, ferito dalla sua stessa pistola, ma dietro una raffica rabbiosa lo piegò, in un tremito di morte, e cadde, stringendo convulsamente tra le mani i suoi grandi sogni di ragazzo.
Il 5 aprile, or son due anni, morì Dante, un Partigiano, morì RINO CHIARELLO, un compagno.
Questo sappiamo di lui, che con i grandi occhi ci guarda nella sala della Sezione, e assiste da lontano alle nostre riunioni, al nostro lavoro*.
Un giovane compagno è morto, vicino alla vittoria, uno dei tanti [che] il Partito ha dato al suo popolo. Un compagno che non ha lasciato il partito, che ci segna la strada, giorno per giorno, nella nostra Sezione, nella sua Sezione.
I compagni sono invitati alla commemorazione che sabato 5 aprile, alle ore 20,30, sarà tenuta presso la Sezione che porta il nome di "Rino Chiarello".
* L'articolista evidentemente si riferisce a una fotografia di Rino esistente nella sezione cittadina del PCI in via Canova.
A questo riguardo la nipote Francesca Trevisan (figlia di una sorella di Rino) mi scrive: «Un aneddoto di poco conto è che nel dopoguerra campeggiava una gigantografia fotografica del volto di Rino in una sala da ballo in piazza Rinaldi, cosa che a sua mamma Amelia dava rabbia e dolore, lo vedeva come un oltraggio».
Questo "aneddoto" è tutt'altro che trascurabile.
Comprensibile il dolore e la rabbia della mamma, ma i "corpi dei martiri" in quegli anni divennero parte integrante della lotta politica. Contro il ballo era in corso una furibonda battaglia puritana da parte della Chiesa, e anche la parte moderata del CLN - cioè la DC - aveva molto da ridire.
Per la classe operaia e per il popolo in genere il ballo, dopo gli orrori della guerra, era invece un qualcosa di liberatorio, un inno alla vita che riprendeva: e il PCI ovviamente lo appoggiò, favorendo l'apertura di sale da ballo.
Esporre la foto di Rino in una sala da ballo era come dire: "Vedete, i martiri della libertà sono dalla nostra parte".
PS.
* L'articolista evidentemente si riferisce a una fotografia di Rino esistente nella sezione cittadina del PCI in via Canova.
A questo riguardo la nipote Francesca Trevisan (figlia di una sorella di Rino) mi scrive: «Un aneddoto di poco conto è che nel dopoguerra campeggiava una gigantografia fotografica del volto di Rino in una sala da ballo in piazza Rinaldi, cosa che a sua mamma Amelia dava rabbia e dolore, lo vedeva come un oltraggio».
Questo "aneddoto" è tutt'altro che trascurabile.
Comprensibile il dolore e la rabbia della mamma, ma i "corpi dei martiri" in quegli anni divennero parte integrante della lotta politica. Contro il ballo era in corso una furibonda battaglia puritana da parte della Chiesa, e anche la parte moderata del CLN - cioè la DC - aveva molto da ridire.
Ascolta l'intervista su YouTube con trascrizione integrale
Per la classe operaia e per il popolo in genere il ballo, dopo gli orrori della guerra, era invece un qualcosa di liberatorio, un inno alla vita che riprendeva: e il PCI ovviamente lo appoggiò, favorendo l'apertura di sale da ballo.
Esporre la foto di Rino in una sala da ballo era come dire: "Vedete, i martiri della libertà sono dalla nostra parte".
PS.
- Da tenere presente che al n. 11 di Piazza Rinaldi aveva sede, nei primi anni dopo la guerra, la Federazione provinciale del PCI. (Gazzettino, 29.3.1947)
- Per dire inoltre della complessità anche dei legami familiari che si vennero a creare dopo la guerra civile merita riportare un altro (illuminante) passo dell’email del 18 aprile 2018 di Francesca Trevisan: « inoltre credo di capire che il desiderio di molti, dopo la guerra, fosse quello di dimenticare; sicuramente era questo il sentimento dei miei nonni soprattutto con l'avvento di mio padre, un ex N.P. della X Mas (aveva il massimo rispetto per Rino, lo considerava un eroe)».
Rino Chiarello è uno dei tre partigiani ferrovieri uccisi a Treviso. Gli altri due sono Leonildo Angeloni e Giuseppe Quarisa. I loro nomi sono ricordati da una lapide posta dallo SFI (Sindacato Ferrovieri Italiani) all'esterno della stazione di Treviso domenica 20 ottobre 1946 alla presenza degli onorevoli Antonio Ferrarese (DC, sindaco di Treviso eletto), Vittorio Ghidetti (PCI, primo sindaco dopo la Liberazione, nominato dal CLN) e Antonio Costantini (PSI); oratore Ugo Marchesi segretario dello SFI. (Gazzettino, 21 ottobre 1946) |
Era il fratello di mia madre. Grazie.
RispondiEliminaFrancesca Trevisan