sabato 12 novembre 2016

Angelo Scardellato, 1923-1945

Il partigiano di San Giuseppe (TV) Angelo Scardellato 
e la sorella gemella Giuseppina.
La foto di Angelo è quella presente sul monumento di 
S. Lazzaro, quella di Giuseppina è g.c. dal nipote Armando.
Angelo Scardellato, nato il 18 marzo 1923 gemello di Giuseppina, figlio di Costante e Apollonia Pavan, abitava con i suoi dodici fratelli a San Giuseppe nella grande casa colonica che si trova circa a metà della strada che, partendo dalla Noalese, loc. Moncia si congiunge con la Castellana all’altezza del “laghetto Biasuzzi”. Era l’antica via Buel del Lovo, ora strada dell’Aeroporto, posta all’estremità del comune di Treviso, vicino ai confini con i comuni di Paese e di Quinto.
Con la famiglia di Costante abitavano altri due ceppi di Scardellato: la famiglia di Giovanni e quella di Alfonso, secondi cugini di Costante, tutti soprannominati “Frate” già all’inizio dell'Ottocento, come risulta nelle anagrafi della parrocchia di S. Giuseppe da ricerche genealogiche di Armando[1], figlio di Vincenzo fratello di Angelo.
La famiglia di Costante Scardellato, con i 12 figli viventi nel 1945,
fra i quali i gemelli Angelo e  Giuseppina.
(Ricerca genealogica di Armando Scardellato, figlio di Vincenzo).
Gli Scardellato erano fittavoli dell’ospedale di Treviso su un fondo di complessivi 26 ettari di cui 13 lavorati dal ceppo di Costante e 13, unitariamente, dalle altre due famiglie.
La conduzione fondiaria era tipica delle aziende agricole della fascia attorno al capoluogo, con coltura promiscua di cereali e viti, più foraggio per il bestiame. Affiancata alla casa c’era la stalla, utilizzata da tutte tre le famiglie. «Ma mio nonno, racconta Armando, allevava anche dei tori con i quali aveva dato vita a un'apprezzata stazione di monta taurina. Me li ricordo questi tori, enormi, e io ne avevo paura. I contadini venivano da tutte le parti a portare le vacche, anche da lontano»[2].
La casa degli Scardellato era situata in posizione centrale rispetto alle due linee ferroviarie che confluivano nei pressi della vicina stazione di Porta Santi Quaranta: l’Ostiglia e la
San Giuseppe di Treviso - Nel riquadro la casa del partigiano
Angelo Scardellato, tra la ferrovia Ostiglia (in costruzione) e
la Treviso Vicenza. Manca l'aeroporto. (Tavoletta IGM, 1923).
Treviso-Vicenza. Binari che, specie negli ultimi mesi della guerra, erano costantemente bersagliati dall’aviazione alleata e dai sabotaggi partigiani. 
I treni restavano così bloccati per periodi più o meno lunghi, carichi di ogni ben di Dio: generi alimentari, macchinari, bestiame. Tutta roba depredata in Italia dai tedeschi e diretta in Germania. Questi treni fermi nella campagna rappresentavano un’autentica fortuna per le famiglie del luogo. Tutti vi andavano a rifornirsi, a volte con la complicità degli stessi tedeschi.
La casa del partigiano Angelo Scardellato a San Giuseppe,
su terreno dell'ospedale di Treviso. (Google, 2017).
Ricorda Luigi Lucchetta, abitante in una casa vicina agli Scardellato, e che allora aveva dieci anni: «C’era un treno fermo sull’Ostiglia, tutto pieno di botti di vino, e si andava a prendere il vino co e mastèe
(i secchi).
Lo distribuivano i tedeschi! Erano i tedeschi, proprio. Cioè, potevi andare là a prenderti il vino, e loro te lo davano. Però volevano ordine … invece, mi ricordo, tutti si azzuffavano per prendere questo vino[3]».

Il padre Costante (a dx.) e i cinque fratelli maschi del partigiano Angelo
Scardellato ripresi davanti al portico di casa alla fine degli anni
Quaranta. Da sx. : Bertillo (Berto) 1928-1994; Romeo 1925-1975;
Arcangelo 1919 ...; Vincenzo 1919-1968; Gino 1907-1974.
(Archivio privato Armando Scardellato).
A volte, però, portar via merce dai treni rischiava di costare molto caro: «R. B., non è stato portato a Padova in prigione? Gli avevano trovato in casa un motore. Lo aveva portato a casa perché, mettendogli la centrifuga, avrebbe potuto usarlo per l’irrigazione; in campagna avevano i pozzi… L’hanno tenuto in prigione due mesi, dicevano di mandarlo sui campi di concentramento, per fortuna dopo l’hanno lasciato libero.
- L’avevano preso i tedeschi o le brigate nere?
I tedeschi»[4].
Ma dai treni di San Giuseppe venivano effettuati non solo prelievi per “uso familiare”: in quella zona prosperava anche la borsanera. C'era gente disposta a tutto pur di accaparrarsi sia le merci che era facile da piazzare a prezzi fortemente maggiorati sul mercato, quali i generi alimentari, sia quel capitale di grande valore che, in una società prevalentemente agricola, era rappresentato dal bestiame.
Afferma Armando Scardellato che in paese gli anziani ricordano bene come alcune persone si siano arricchite con questi traffici.
«Un mio zio, fratello di mia mamma, morto due anni fa, originario dai Brilli vicino al ristorante Busatto, puntava il dito in particolare su due nomi di paesani, che prima della guerra non possedevano niente e dopo si son ritrovati con case e campagne. Da dove provenivano i soldi per comprarle? Borsanera»!
Chiedevo a mio zio: «Zio, chi può conoscere la storia di Angelo?
- Eh, chi vuoi che possa conoscerla: vai là e là… e glielo chiedi.
Ma chi va a chiederglielo?»[5].
Ricovero e morte di Angelo Scardellato. (Gazzettino 18 e 19.4.1945).
Nel testo c'è un refuso: il giovane Angelo non aveva 43
ma 22 anni, essendo nato il 18 marzo 1923.
La breve cronaca, che non è riprodotta per intero
perché molto deteriorata, continua con:
«All'ospedale ove è stato ricoverato con prognosi riservata,
i sanitari gli hanno riscontrata una grave contusione all'addome
con sintomi di commozione viscerale»

Questo il quadro in cui inserire la morte del partigiano Scardellato. Un contesto di persone per cui contavano non le ragioni della rivolta contro lo straniero occupante o i fascisti che con lui collaboravano, ma un valore antico quanto l’uomo e, per loro, al di sopra della morale e del bene comune, il valore del denaro. Un contesto in cui di certo gli Scardellato non si sono arricchiti[6]. Angelo ci ha rimesso la vita e ai suoi familiari non fu neppure consentito di andarlo a  visitare in ospedale, dove fu ricoverato per poco tempo prima di morire[7].
Angelo Scardellato, atto di morte del 18.4.1945, comune di Treviso.
«Il giorno diciotto del mese di Aprile dell'anno [1945 - XIII EF]
alle ore una e minuti trenta in questo Ospitale Civile
è morto Scardellato Angelo dell'età di anni ventidue, fittavolo,
di razza ariana, residente in Treviso, che era nato in Treviso da
Costante, fittavolo residente in Treviso e da Pavan Apollonia,
casalinga residente a Treviso, e che era celibe.
«L’hanno battuto con i sacchi di sabbia. Mia mamma mi diceva: con i sacchi di sabbia, botte, botte sulla pancia, perché non dovevano far vedere che era stato battuto, dovevano far credere che gli era successo un incidente»[8]. Infatti nella breve cronaca pubblicata sul Gazzettino del 18 aprile 1945, relativa al ricovero di Angelo Scardellato, si trova scritto che «all'ospedale ove è stato ricoverato con prognosi riservata, i sanitari gli hanno riscontrata una grave contusione all'addome con sintomi di commozione viscerale».
Nel registro dei morti della parrocchia di San Giuseppe TV
Angelo Scardellato risulta deceduto alle ore 6 del 18 aprile 1945
e sepolto il 20 aprile nel cimitero di Canizzano.
L’atmosfera descritta da Lucchetta e Scardellato è brevemente rievocata pure dal parroco di San Giuseppe mons. Francesco Tonolo, che non accenna al fatto specifico ma a p. 1212 delle Cronistorie di guerra… afferma: «Nel periodo più prossimo alla liberazione il Parroco si tenne in segreto contatto coi partigiani della zona, fornendo loro indicazioni. […] Ci fu in quel tempo una nota stonata: quella di alcuni della zona che depredavano i vagoni per proprio esclusivo tornaconto».
Secondo chi scrive, tutto fa pensare che il partigiano cattolico Scardellato, seguendo le indicazioni del parroco, volesse opporsi all’appropriazione “per proprio esclusivo tornaconto” della merce prelevata dai treni tedeschi fermi sulle due linee ferroviarie che passavano nei pressi di casa e proponesse una più equa distribuzione. E per questo sia stato colpito a morte.
Note


[1] Armando Scardellato, San Giuseppe di Treviso, 1950, ha lavorato come chimico e microbiologo alla Chiari & Forti, a partire dal 1973 (periodo in cui il grande oleificio di Silea arrivò ad occupare circa 800 dipendenti) fino alla chiusura avvenuta nel 2004. In pensione dal 2007 dopo un periodo di mobilità, coltiva ora la passione per ricerche genealogiche relative ai tanti rami della sua famiglia. (Intervista del 23 gennaio 2019, file 190123036, 06:10, file 190123036, da 15:00).
Per una ricostruzione, purtroppo non completa, della storia della Chiari & Forti, cfr. Androvandino Doglioni, “Una realtà imprenditoriale”, Rivista Le Tre Venezie, s.d. (Sito consultato il 27.1.2019).
[2] File 19012301, 23:45.
[3] Luigi Lucchetta, San Giuseppe di Treviso, 1935. Lucchetta è cresciuto lavorando la terra fino a quando fu assunto alla Siamic, dove ha fatto l’autista di corriere fino alla pensione. (Intervista del 21 settembre 2018, file 18092101, 13:17).
La Siamic (Società Italiana Autoservizi Mediterranei In Concessione) operò a Treviso dal 1922 al 1983, quando fu sostituita dall’azienda di trasporto pubblico “Società Autoservizi La Marca Trevigiana”. (Wikipedia, consultata il 27.1.2019).
[4] File 18092105, 15:00.
[5] File 19012301, da 41:38 alla fine e file 19012302 da inizio a 01:10. (Sintesi).
[6] Gli Scardellato rimasero a lavorare la terra come fittavoli dell’ospedale fino a quando l’azienda sanitaria non rescisse il contratto verso la fine degli anni Cinquanta. Nel frattempo qualcuno, come Arcangelo, gemello di Vincenzo padre del testimone, aveva preso già nei primi anni ’50 la via dell’emigrazione verso il Canada, dove un suo figlio - Gabriele - si è fatto strada, ottenendo una cattedra all’università di Toronto.
[7] File 19012301, 37:38.
[8] Ibidem, 36:09. Anche Luigi Lucchetta conferma che Angelo Scardellato fu colpito all'addome con sacchi di sabbia. File 18092101, inizio e file 108092105, 14:45.


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