Bordin Luigi, di Nestore, Treviso, classe 1922
Caporale Maggiore - 15° Rgt. Autieri
Partigiano Combattente- Brg. Feltre - Div. Belluno
Caduto il 15 marzo 1945, in Germania
Catturato dai tedeschi il 1° agosto 1944 a Feltre, durante un rastrellamento, veniva deportato a Melk, dove moriva per malattia
Studente - maturità classica (Elio Fregonese, 1997)
Ulteriori informazioni tratte dal foglio matricolare
Bordin Luigi, classe di leva 1922, matricola 22843, Distretto di Treviso.
Alla visita di leva (3.2.1941): residente a Treviso, via Massimo D’Azeglio, 14.
Figlio di Nestore e di Battaglini Olga; nato il 15 dicembre 1922 a Feltre (Belluno).
Statura: m. 1,66 - torace m. 0,82. Studente liceo classico.
19 gennaio 1942 «Ammesso al ritardo del servizio militare per ragioni di studio quale inscritto all’ultimo anno di scuole medie superiori di 2° grado a mente del N. 8 del manifesto di chiamata alle armi della classe 1922 allegato alla circolare 897 G.M. 1942».
30 giugno 1942 «Ha dichiarato di aver conseguito il diploma di maturità classica il [...] Giugno 1942. Ha l’obbligo di frequentare i corsi Allievi Ufficiali di Complemento circolare n. 173 e 174 GM 12».
5 febbraio 1943 Chiamato alle armi.
7 febbraio 1943 giunto in territorio in istato di guerra.
Caporale in detto con anzianità e decorrenza assegni dal 15.4.1943.
27 marzo 1944 «Iscritto nel ruolo 71 B della forza in congedo di Autieri del Distretto Militare di Treviso».
Nessun cenno alla sua attività partigiana. Solo - a fine testo scritto - una croce con matita rossa a indicarne la morte.
Nessun cenno alla sua attività partigiana. Solo - a fine testo scritto - una croce con matita rossa a indicarne la morte.
Dall’atto di morte, Stato civile del comune di Treviso - Trascrizione
«L’anno millenovecentoquarantasette addì quattro del mese di Dicembre alle ore diciassette nella Casa Comunale. Io Giuseppe Bortolatto Segretario, Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Treviso delegato, avendo ricevuto dal Ministero della Difesa Direzione Generale Leva Sottufficiali e Truppa Ufficio Stato Civile copia di atto di morte trascrivo qui la copia stessa che è del tenore seguente:
[…]
«La Commissione Internazionale per la formazione o la ricostruzione di atti di morte e di nascita non redatti o andati smarriti o distrutti per eventi bellici, composta dai signori […] dichiara che il giorno cinque del mese di Marzo dell’anno millenovecentoquarantacinque è deceduto in Campo di Melk (Germania) alle ore si sconoscono in età di anni ventidue il Bordin Luigi appartenente al 15° Reggimento Autieri nato a Feltre il 15.12.1922 (Leva di Belluno) residente in Treviso - Via Massimo D’Azeglio n. 4 (prov. di Treviso) figlio di Nestore e di Battaglini Olga, celibe.
Il suddetto Bordin Luigi è morto in seguito a sevizie e maltrattamenti subiti dai tedeschi in prigionia ed è stato sepolto nel cimitero di Melk (Germania)».
Luigi Bordin, partigiano morto in prigionia: la sua scheda nell'Albo IMI Caduti internati militari italiani nei lager nazisti |
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A Luigi Bordin [e a Franco Ardi] "quali studenti caduti per la Liberazione 1943-1945" verrà concessa dall'Università di Padova la laurea Honoris Causa .
Questa la scheda di Bordin:
«Bordin Luigi - Di Feltre (Belluno); iscritto al 2° anno di Medicina e Chirurgia; Partigiano combattente della Brigata “Feltre” Divisione “Pasubio”.
n. 15 dicembre 1922 - m. 15 marzo 1945
Luogo della morte: “Deportato nel campo di concentramento di Melck-Mauthausen e ivi deceduto”.
Riconoscimenti militari: nessuno.
Riconoscimenti dell’Università: Laurea h. c. 11 giugno 1947».
Una articolo del Gazzettino, a firma Giuseppe Pase (7 aprile 1946)
Una articolo del Gazzettino, a firma Giuseppe Pase (7 aprile 1946)
I partigiani Franco Ardi e Luigi Bordin catturati in Cadore e deportati in Austria a Mauthausen, ricordati in un articolo di Giuseppe Pase, sul Gazzettino del 7 aprile 1946. (INSMLI, fondo CVL, b. 164, fasc. 526) |
Due giovanissimi studenti, Franco Ardi e Luigi Bordin, nati rispettivamente a Barbarano Vicentino e a Feltre, ma residenti a Treviso, che scomparvero or è un anno nel tragico "lager" di Mauthausen, offrono oggi ai giovani che si riaccostano nell'atmosfera della libertà alle discipline universitarie, uno dei più commoventi esempi di amor patrio e di tenera amicizia.
Quando scoppia la guerra, Franco e Gigi sono ancora ragazzi: non hanno che diciott'anni. Sono cresciuti quasi sempre insieme; insieme frequentano l'Ateneo patavino, chiamati dalla loro natura generosa allo studio della medicina. Ma all'alta missione della scienza, a cui si sarebbero certamente dedicati con entusiasmo, devono rinunciare prima ancora di cominciare. Ben altro destino li attendeva. La patria, che nell'austerità della famiglia essi avevano imparato ad amare sopra ogni cosa, doveva richiedere un giorno il loro sacrificio, insieme a quello di migliaia di altri giovani, per rompere le catene della schiavitù e riconquistare la libertà.
La guerra divampa nel mondo. Ardi e Bordin devono interrompere gli studi e correre alle armi. Naturalmente non si separano: non possono, non vogliono separarsi. La loro profonda amicizia li lega ormai per sempre: per la vita e per la morte. Affrontano sorridenti le incognite della guerra. I giorni dell’armistizio li trovano insieme. Allievi ufficiali automobilistici a Savona. I tedeschi dànno loro la caccia, ma essi riescono a sottrarsi alla cattura con la fuga, e si rifugiano a Feltre in casa del padre di Bordin, un vecchio alpino che, avendo sofferto la prigionia in Germania durante l’altra guerra, sa a quali eccessi può giungere la barbarie del teutone che è reso furibondo dall’armistizio italiano.
È qui che Franco apprenderà dalla mamma la notizia che suo padre, maggiore di fanteria combattente in Balcania, è stato deportato in Germania dalle truppe tedesche. Il suo cuore sensibile sanguina: egli [sa] quanto dure sono le sofferenze di coloro che, per non tradire la patria, hanno respinto ogni forma di compromesso col Tedesco, venendo rinchiusi nei campi della fame e della morte. Per confortare il padre internato, il figlio scrive tra l’altro: «Per te, oggi, ho fatto la Comunione e ho pregato tanto il Signore. Che Dio ti protegga, caro papà».
Nella quiete di casa Bordin, i due giovani potrebbero trovare l’ambiente ideale per riprendere gli studi; ma non possono restare passivi di fronte all’insolente comportamento dei Tedeschi che, con la complicità dei neofascisti, spadroneggiano in casa nostra. Debbono agire, e agire subito. Franco e Gigi si mettono all’opera. Sanno che il movimento di resistenza sta organizzandosi, e vogliono a tutti i costi farne parte.
Nel gennaio del ‘44 riescono ad arruolarsi tra i primi nella brigata partigiana “Antonio Gramsci” comandata dal tenente Paride Brunetti - “Bruno” - valoroso ufficiale marchigiano che, alla testa dei suoi uomini riuscirà in seguito, con un audace colpo di mano, a liberare una settantina di patrioti, prigionieri dei Tedeschi. Gli amici inseparabili sono felici: finalmente possono contribuire a liberare il paese dal nemico. Incuranti del pericolo che li sovrasta, partecipano a imprese audaci. Il tenente Brunetti affida loro il delicato servizio d’informazioni incaricandoli altresì di tenere il collegamento con gli ufficiali inglesi che operano con le brigate partigiane.
Trascorrono mesi di passione, di lotta. Dalle montagne feltrine, ove hanno il loro rifugio, Ardi e Bordin scendono continuamente in città, spiano le mòsse del nemico, prendono contatti coi loro informatori e riferiscono ogni cosa ai loro comandi. Sono fieri di appartenere al movimento di liberazione. Franco pensa sempre al babbo che soffre lontano; al babbo che ignora i pericoli cui il figlio si espone. Ma sente anche che se suo padre sapesse tutto di lui, pur tremando al pensiero di perdere l’unico figliolo, lo bacerebbe con orgoglio.
Estate 1944, estate del terrore teutonico.
Nel Cadore i partigiani rendono dura la vita ai tedeschi. Per rappresaglia il nemico fa rastrellamenti su vasta scala: incendia paesi, uccide inermi cittadini, arresta chiunque incontra al suo passaggio. Il 1. agosto, durante una di queste operazioni terroristiche, Ardi e Bordin cadono nelle mani dei Tedeschi insieme con altri patrioti. Vengono subito trasferiti alle carceri di Belluno, dove, dopo un sommario interrogatorio, è proposto loro di arruolarsi nelle S. S. o nell’esercito repubblicano. La loro risposta è un secco “no”. Da allora comincia per i giovani il dramma della prigionia. Da Belluno sono trasferiti alle prigioni di Bolzano, poi [20 novembre 1944] deportati in quell’inferno dei vivi che è Mauthausen. Chi ha avuto la sventura di entrare in questo campo, che i nazisti riservano ai detenuti politici italiani, sa che solo un miracolo può salvarlo.
Franco Ardi e Gigi Bordin sono là, consci della sorte che li attende. Ma hanno fede nella vita: la speranza di poter rivedere i loro cari non li abbandona mai. Robusti come sono, resistono alle sofferenze, alle privazioni della prigionia. Poi, piegati dai patimenti, muoiono.
La patria, per risorgere, aveva domandato il loro estremo sacrificio.
Giuseppe Pase
Il ricordo di Luigi Bordin nel monumento ai partigiani di Treviso. |
- (Pagina dedicata al partigiano Luigi Bordin) -
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