sabato 12 novembre 2016

Leonildo Angeloni, 1926-1945

Angeloni Leonildo di Tullio, Treviso, classe 1926
Partigiano Combattente - Brg. W. Paoli - Div. Sabatucci
Caduto il 18 aprile 1945, in Riviera S. Margherita di Treviso
Sospettato di sabotaggio, veniva arrestato e barbaramente trucidato con altri due compagni, dalle bb.nn., sulla riva del Sile
Operaio FS [ferroviere] - 5. elementare              (Elio Fregonese, 1997)



Cattura e morte

«La sera del 18 aprile due brigatisti, uno chiamato 'Occhiali' e l'altro soprannominato 'Sfregiato', perché aveva il viso solcato da una cicatrice e una mano mutilata, fermarono tre giovani nei pressi del cavalcavia della stazione ferroviaria di Treviso e, verificati i documenti, li condussero al Pio X. Gli arrestati erano Leonildo Angeloni, classe 1926, di Treviso; Giles Camerin, classe 1925, di Treviso, Danilo Segato, classe 1924, di Vedelago. Angeloni apparteneva alla brigata 'Wladimiro Paoli', Camerin [Camarin] alla Brigata 'Negrin' e Segato era in collegamento con i partigiani, tuttavia, al momento dell'arresto, nessuno di loro aveva addosso alcunché di compromettente. Angeloni, accompagnato dalla fidanzata, tentò di consegnarle il portamonete, ma uno squadrista gli puntò addosso il mitra e allontanò la ragazza con un manrovescio.
Quando la madre di Camerin, Virginia Vian, e il padre di Angeloni, Leonida, si presentarono alla caserma per avere notizie dei figli, furono tranquillizzati da Paolo Brazzoduro e Bruno Cappellin i quali garantirono per l'indomani mattina la loro liberazione.
Durante la notte, però, in seguito alle sevizie e alle bastonature di 'Lince', i prigionieri ammisero di essere partigiani, provocando l'immediata reazione dei militi che li portarono a bordo di due camionette in Riviera Garibaldi, nei pressi dell'attuale sede dell'università, e li falciarono a colpi di mitra, gettandoli nel Sile».
(Maistrello, XX Brigata Nera… , p. 182)

Atto di Morte, Comune di Treviso


Leonildo Angeloni, partigiano ucciso dalle brigate nere di Treviso. (Partic. dell'Atto di Morte).
«Il giorno diciotto del mese di Aprile dell'anno millenovecentoquarantacinque XXIII EF [Era Fascista]
alle ore imprecisate e minuti ... in Riviera S.a Margherita ... è morto Angeloni Leonildo
dell'età di anni diciannove, operaio, di razza ariana, che era nato a Montebelluna
da Tullio,
operaio residente in Treviso e da Trevisan Santa, casalinga residente in Treviso, e che era celibe».

Testo della lapide in Riviera S. Margherita:
Non fango / come volevano gli oppressori /
che qui nel fiume / precipitarono i tre partigiani /
Danilo Segato, Giles Camerin, Leonildo Angeloni /
torturati ed uccisi / ma lagrime / della nostra terra le acque /
del Sile / che li avvolsero nel viaggio / verso la pace eterna /
Il valore dei martiri / l'infamia dei carnefici /
restano monito ai cittadini
A cura del Comune il 2 giugno 1972

Dalla cronistoria del parroco di San Lazzaro

«19 aprile 1945 - Questa mattina ci giunse notizia che Angeloni Leonildo, Segato Danilo, Camarin Gilles arrestati iersera e condotti al Pio X, perché sospetti di partigianismo furono barbaramente fucilati in Riva al Sile presso il ponte S. Margherita. Domenica 22 aprile le loro salme furono sepolte con una dimostrazione plebiscitaria».
(Cronistorie di guerra ... 1939-1945, p. 1221).

Il parroco (Don Giovanni Rossi) collega all'uccisione di questi tre partigiani la morte di Mario Zanatta "ex marò della X MAS" avvenuta il 28 aprile. (Cfr. Serena, I giorni di Caino, 1, p. 360).
Zanatta, infatti, «la sera del 18, quando furono arrestati i tre su nominati uccisi la mattina seguente poté fuggire e mettersi in salvo presso i militi della X Mas. Ma ecco che invitato dai partigiani a seguirli in automobile fu condotto a Biancade ove fu ucciso e gettato in un fosso coperto da un palmo di terra». (Cronistorie... , p. 1222).


Leonildo Angeloni, Giles Camarin, Danilo Segato.
Santino funebre della parrocchia a una settimana dalla morte.
Va tenuto presente che il 26 aprile 1945 "giorno settimo della morte"
Treviso era ancora in mano ai fascisti e scrivere
"di barbaro furor vittime foste / né pietà s'ebbe delle vostre salme"
fu un gesto di coraggio che va sottolineato.
(Cronistorie di guerra ..., a c. di Erika Lorenzon - San Lazzaro di Treviso - Dvd allegato)

Danilo Segato, Giles Camarin e Leonildo Angeloni
i tre partigiani uccisi all'alba del 19 aprile 1945

dalla brigate nere di Treviso
e gettati nel Sile al ponte S. Margherita, sono ricordati dal

Gazzettino a un anno dalla loro morte.


Chi uccise Angeloni, Camerin e Segato? 

Finita la guerra, in due processi della Corte d'Assise Straordinaria emersero i nomi dei possibili uccisori, ma in entrambi i casi le accuse non furono provate e i responsabili della morte dei tre partigiani di San Lazzaro restarono ignoti.

- Nel primo processo, la sorella di Leonildo Angeloni, Enrichetta, afferma di aver saputo dal paesano Narciso Frasson appartenente alle Brigate Nere «che suo fratello era stato ucciso da Cappellin Bruno», vicecomandante della XX Brigata Nera “Cavallin”, ma la sua accusa non avrà seguito.
(Sentenza della Corte d’Assise Straordinaria di Treviso, n. 7/45 del 16.06.1945, Istresco - Pdf online, p. 22)

- Nel secondo processo, svoltosi a Udine nel dicembre del 1946, sono specificatamente imputati per l’omicidio di Angeloni, Camerin e Segato gli ufficiali delle brigate nere Paolo Brazzoduro (capo dell’Ufficio “I” della Federazione Fascista Repubblicana di Treviso) e Giorgio Maggiordomo, ma anche in questo caso le accuse cadranno perché ritenute nient’altro che «voci incontrollate raccolte nell’ambiente delle Brigate Nere» o comunque prove di colpevolezza non convincenti.
In questo secondo processo, tuttavia, per Brazzoduro il pubblico ministero chiederà la pena capitale con fucilazione alla schiena per essere responsabile della morte di quattro partigiani avvenuta a Roncade (Lorenzo De Maria, Francesco Canella, Enrico Martini e Ugo Rusalen).
Ma la Corte non accoglierà tale richiesta e, nella sentenza, la condanna a morte diventerà ergastolo, che in virtù alla sopraggiunta “amnistia Togliatti” sarà ridotto a trent’anni .
Stessa condanna (ergastolo ridotto a trent'anni) anche per Maggiordomo, riconosciuto colpevole "solo" di aver causato la morte dei partigiani Baldrocco, Favarin e Antonio (Nino) Zorzi.

A proposito di queste riduzioni di pena, premessa ad una rapida e definitiva assoluzione, è significativo quanto afferma uno dei difensori, il “principe del foro” veneziano avv. Italo Virotta durante la sua arringa («chiara, logica, interessante», come la definisce il cronista del Gazzettino di Udine).
Virotta, che patrocinava la causa di Brazzoduro, ricorda infatti il motivo per cui il processo non si era svolto a Treviso ma era stato spostato per legittima suspicione a Udine: «Nessuno voleva far parte della giuria popolare, prima di comporla, ci sono volute ben cinque estrazioni. Uno dei giudici - di sinistra - aveva dichiarato subito (ed è agli atti) che non voleva farne parte perché prove non c’erano, ed il popolo di Treviso non avrebbe accettato che una grave sentenza nei riguardi di Brazzoduro».
("La sentenza nel processo ai gerarchi trevigiani (...) ", Il Gazzettino, 18 dicembre 1946)

Se le affermazioni dell'avv. Virotta ben descrivono il clima che gravava (perlomeno nella fase iniziale) su questi processi dei vincitori ai vinti, il comportamento delle Corti di Assise Straordinarie - in questo come in altri casi - fuga il sospetto che agissero senza tener conto delle ragioni della difesa. Specie della difesa dei vertici, c’è da aggiungere. Perché quella dei brigatisti "di truppa", affidata di solito ad avvocati d'ufficio, non riesce ad evitare le condanne a morte - richieste a gran voce, comminate ed eseguite - come nel caso degli odiati "Lince" e "Nina".



Giorgio Brevinelli ''Lince'' ed Egidio Simonetti ''Nina'', ex partigiani passati alla brigate nere: parte finale 
della cronaca della loro fucilazione al poligono di tiro di Maserada ("parabae"). (Gazzettino 14.2.1946)
I due brigatisti neri erano difesi dagli avvocati d'ufficio Rizzo e Boscolo.



I fascisti Paolo Brazzoduro e Ruggero Beccucci della XX Brigata Nera di Treviso
fanno il saluto romano dopo la "condanna" che li salva dalla pena di  morte
richiesta dal PM di Udine Vittorio Achard. (Gazzettino, 18.12.1946)
La scarcerazione di Brazzoduro per amnistia avverrà il 23.6.1948. Per Maggiordomo, latitante,
 verrà dichiarato il "non luogo a procedere" il 4 marzo 1950.



 

Nello stesso luogo della morte di Angeloni, Camarin e Segato, la notte fra il 29 e il 30 aprile 1945 verranno uccisi dai partigiani che avevano occupato la città una dozzina di fascisti prelevati dalle carceri cittadine.
Ne scrive per primo il segretario del vescovo Mantiero mons. Cesare Girotto nella sua Cronaca degli anni 1944-45:
«30 aprile
Questa mattina sono entrati in Città gli Anglo-Americani arrivati ieri sera.
Questa notte è successo un fatto di Sangue: sono stati [sic!] uccise circa 12 persone in riviera: erano stati prelevati dal carcere tra i carcerati il giorno antecedente. Sua EEcc[ellenza] ha fatto presente la cosa al Comitato il quale ha risposto condividendo le idee e rinnovando Sanzioni Severe».
(Cronistorie di guerra ... 1939-1945... , p. 99)

Largo spazio a questo "regolamento di conti" in Antonio Serena, I giorni di Caino, 1, pp. 351-356.

Per maggiori notizie sul 29 aprile 1945, liberazione di Treviso, clicca qui



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